“Il governo ha fatto un passo importante con la riforma delle popolari e ora con
quelle delle Bcc. Ma deve andare oltre e liberare le banche dal controllo delle
fondazioni. Per arrivare a questo risultato basta imporre quella
diversificazione di portafoglio evocata nel principio della legge e ignorata
nella pratica che dovrebbe essere naturalmente seguita da tutte le fondazioni.
In questo modo il controllo effettivo passerebbe nelle mani dei fondi, che
proprio per questo devono essere indipendenti dalle banche.”(di Luigi Guiso
e Luigi Zingales - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/QcXIBS)
Le crisi finanziarie sono
un fenomeno abbastanza diffuso nella globalizzazione a partire dagli anni 90.
Il mix di politiche economiche liberiste prodotte dal Washington Consensus con
sistemi bancari e aziendali orientati alla sharedholder value maximization e
mercati finanziari speculativi hanno fatto fallire prima quasi tutti i paesi di
nuova industrializzazione e poi hanno prodotto la crisi sistemica del 2008. C’è
quindi una statistica abbastanza ampia per poter comprendere come le crisi finanziarie
sono state prodotte e cosa è possibile fare per evitare una loro ulteriore realizzazione.
Il
quado politico-economico internazionale. Il livello delle
politiche economiche internazionali è fondamentale per comprendere le crisi
finanziarie, compresa la crisi finanziaria del 2008. Il Washington Consensus ha
creato le basi per la realizzazione delle crisi finanziarie sistemiche
attraverso le “conditionalities” ovvero delle condizioni poste nei confronti
degli stati in condizioni di difficoltà di finanza pubblica. Le istituzioni
internazionali hanno prestato denaro in una ottica di breve periodo e hanno
chiesto in cambio degli interventi di politica economica di lungo periodo
comprendenti: privatizzazioni, liberalizzazioni del mercato, apertura del
mercato bancario ai competitori globali, politiche monetarie volte al
rafforzamento del valore della moneta. La conseguenza delle politiche
economiche imposte dal Washington Consensus è stata la crisi finanziaria dei
paesi colpiti. Una crisi inevitabile, seriale. La stessa metodologia ha fatto
fallire l’Argentina, la Russia, i paesi asiatici. Il clima del liberalismo ha
avuto anche un ruolo nel confezionamento della Grande Crisi Finanziaria del
2008 quando la mancanza di controlli sul sistema dei derivati e delle
cartolarizzazioni dei mutui ha prodotto la crisi. Gli stati hanno avuto
difficoltà a intervenire per salvare banche, mercati, risparmiatori, imprese e
posti di lavoro a causa della mancanza di una condizione di finanza pubblica
florida. La crisi finanziaria è stata peggiorata dalla crisi del debito degli
stati con effetti devastanti sulla produzione, sull’occupazione e sul sistema
finanziario. Il liberismo puro del laissez faire ha dimostrato la sua capacità
distruttiva. La diseguaglianza globale è cresciuta anche nei paesi dell’occidente
con un impatto sulla popolazione. La crisi ha prodotto un impatto anche sotto
il punto di vista demografico, sulla salute dei cittadini, sul grado di
scolarizzazione, sulla presenza di nuove categorie sociologiche come i NEET
ovvero i giovani privi di fiducia e fuori sia dal mercato del lavoro sia da
processi di formazione, in un contesto occidentale caratterizzato da un forte
invecchiamento della popolazione. Il liberismo ha distrutto risorse senza la
capacità di produrre garanzie, tutele, per salvare i soggetti deboli della
società e per dare nuove possibilità, nuove opportunità di crescita economia ai
soggetti falliti durante la crisi. Durante le fasi di successo della
globalizzazione i mercati vengono considerati come i depositari della saggezza
economica. Tuttavia quando il mercato fallisce, quando la produzione industriale
perde il 30%, quando le banche sono costrette a chiedere aiuti di Stato allora
i mercatisti riscoprono una delle relazioni fondamentali del capitalismo: il
nesso Stato-Mercato.
Il
ruolo degli Stati è rinforzato dalla globalizzazione. Gli
Stati sono sempre più considerati come enti vetusti da smantellare come se
rientrassero in una forma di archeologia istituzionale. In realtà la crisi
economica ha messo in evidenza l’importanza degli stati nel processo di
salvataggio delle economie. Gli Stati con una struttura finanziari solida, in
grado di essere sovrani nell’esercizio della finanza pubblica, hanno avuto
maggiori possibilità di realizzare delle politiche economiche in grado di
salvare le economie, i posti di lavoro, le banche, le imprese. I cittadini
dovrebbero quindi prestare maggiore attenzione rispetto alle condizioni di
finanza pubblica dello Stato. In caso di crisi finanziaria o bancaria lo Stato
è l’ente in grado di intervenire per
salvare le economie. Il mercatismo deve quindi essere mixato con forme anche
tenui di statalismo in grado di offrire garanzie ai cittadini, agli
imprenditori, ai banchieri in caso di crisi finanziaria. La complessità dei
problemi economici è tale da imporre agli esecutori delle politiche economiche
un grado di moderazione per individuare le soluzioni. La crisi economica
sarebbe stata senza via d’uscita se i mercatisti fossero riusciti nel tentativo
di smantellare lo Stato negli anni precedenti la crisi economica.
Le
politiche economiche aziendali: la shareholder value maximization. La
shareholder value maximization è stata promozionata come una soluzione per le
imprese in grado di garantire la crescita economica. Tuttavia quando la ricerca
della massimizzazione dell’azionista viene ad essere realizzata da istituzioni
bancarie in grado di avere un impatto sistemico allora i rischi possono mettere
in crisi il sistema economico in modo determinate. La natura delle banche è
complessa. Il ruolo delle banche nell’economia è poco chiaro. Alcuni economisti
ritengono che le banche siano delle imprese come le altre in grado di produrre
reddito, profitto anche attraverso la massimizzazione del valore degli
azionisti. Altri ritengono che le banche siano delle istituzioni in grado di
risolvere il fallimento del mercato consistente nell’asimmetria informativa tra
chi possiede le risorse finanziarie e chi invece possiede dei buoni progetti di
investimento. La crisi finanziaria ha dimostrato i rischi per le banche e per
le intere economie derivanti dall’applicazione del sistema della shareholder
value. Le banche aggressive sul mercato finanziario sono state colpite dalla
crisi, hanno prodotto meno valore per gli azionisti, in molti casi sono state
costrette a chiedere gli aiuti di stato per evitare il fallimento. La
shareholder valure maximization applicata al sistema bancario ha mostrato le
sue debolezze i rischi sistemici alle quali è esposta. Le banche che invece
hanno operato attraverso un sistema economico in grado di creare relazioni
anche con il territorio, con attenzione alle organizzazioni, alle associazioni,
alle istituzioni pubbliche, ovvero attraverso un orientamento di tutela nei
confronti dei portatori di interesse hanno avuto una maggiore capacità di superare
la crisi economica e di permanere nell’ambito del sistema bancario senza
chiedere sostegni pubblici. Le banche cooperative, le banche popolari per
quanto abbiano sofferto la crisi hanno dimostrato, nel complesso, una maggiore
stabilità e un sistema di governance in grado di servire gli interessi dei
cittadini attraverso la fornitura di credito e di servizi bancari e finanziari.
I
mercati finanziari speculativi. I mercati finanziari
speculativi hanno dimostrato di saper creare delle operazioni complesse aventi
come collaterale uno dei contratti più diffusi presso la popolazione
ovvero il contratto di mutuo. La
creazione di un sistema finanziario speculativo è stata possibile grazie agli
scarsi controlli delle istituzioni. I mercati finanziari liberi di agire hanno
trasformato una delle più sicure operazioni finanziarie, ovvero il mutuo, in
una delle più pericolose attività in grado di mettere in crisi una intera
economia attraverso i processi di cartolarizzazione e la produzione di
derivati. I mercati finanziari hanno trovato nelle banche un partner d’eccezione
per la realizzazione dei prodotti derivati. La commistione tra banche e mercati
finanziari deve essere ridimensionata. Le banche devono avere come oggetto
specifico di attività la fornitura di servizi nei confronti dell’economia
reale, delle famiglie, delle imprese. I mercati finanziari devono svolgere
attività su aziende quotate, sui titoli quotati, all’interno dei mercati
regolamentati. Gli enti di regolazione devono controllare le “innovazioni
finanziarie” per evitare la produzione di nuovi “mostri” in grado di mettere in
crisi il sistema economico. La dimensione dell’economia finanziaria globale è
tale da necessitare forme di controllo globale. Gli operatori dei mercati
speculativi possono fare fallire quasi tutti gli stati in via di sviluppo, e di
nuova industrializzazione, e, come hanno dimostrato dal 2008, possono far
fallire anche l’occidente. La finanza è un prodotto della cultura occidentale.
La finanza deve essere controllata e utilizzata come una forza in grado di
rendere il percorso di crescita dell’economia più efficiente. Le crisi
finanziare possono essere evitate attraverso la ripresa del dialogo tra Stato e
mercato nella consapevolezza che le istituzioni dell’economia nel loro
complesso hanno la capacità di produrre crescita e di limitare i danni
provenienti dalle crisi economiche.
La
governance bancaria. Le bcc, le popolari e le banche con parti
sociali attive hanno dimostrato di essere solide durante la crisi finanziaria.
Il governo dovrebbe realizzare delle politiche economiche per controllare i
mercati finanziari e impedire la commistione tra banca e mercati. Il governo
potrebbe anche disporre dei limiti alle operazioni finanziarie delle banche
orientate alla shareholder maximization. Il modello di governance delle banche cooperative e popolari può essere assunto come riferimento per la governance bancaria per la crescita economica.
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