giovedì 28 luglio 2016

Un livello ottimale di produzione industriale

Un livello ottimale di produzione industriale

«Fatturati e ordini industriali in valore registrano […] il segno meno. Il fatturato industriale […] è in calo di 1,4 punti percentuali. » (F. Daveri, Cosa fare se l'impresa rallentahttp://www.lavoce.info/archives/42258/cosa-fare-se-la-crescita-rallenta/

Se guardiamo ai dati pubblicati della produzione industriale come percentuale del prodotto interno lordo è possibile verificare un miglioramento della condizione italiana tra il 2014 e il 2015. I dati sono stati pubblicati dalla Banca Mondiale. La variabile presa in considerazione è la percentuale di prodotto interno lordo derivante dalla produzione industriale. L’Italia è al settimo posto nella classifica dei paesi europei per valore percentuale di valore aggiunto derivante dall’industria prodotto nel passaggio tra il 2014 e il 2015. La Polonia è al primo posto con un valore pari a 1,09%. La percentuale del prodotto interno lordo derivante dall’industria in Slovacchia è incrementata dello 0,76% tra il 2014-2015. La Svezia è al secondo posto per crescita della percentuale della produzione industriale all’interno del prodotto interno lordo con un valore pari allo 0,61%. In Italia la crescita della percentuale della produzione industriale come percentuale del prodotto interno lordo è aumentata dello 0,18% tra il 2014 e il 2015.  

RANK
COUNTRY
2014-2015
1
Poland
1,09
2
Slovakia
0,76
3
Sweden
0,61
4
Bulgaria
0,45
5
Denmark
0,43
6
Portugal
0,33
7
Italy
0,18
8
Spain
0,15
9
Czech Republic
0,13
10
Germany
0,09
11
Croatia
-0,06
12
Austria
-0,06
13
Slovenia
-0,06
14
France
-0,07
15
Belgium
-0,22
16
Finland
-0,35
17
Switzerland
-0,52
18
Greece
-0,57
19
Luxembourg
-0,59
20
Turkey
-0,61
21
Netherlands
-0,61
22
United Kingdom
-0,78
23
Estonia
-1,36
24
Romania
-1,70
25
Norway
-3,30
Media
-0,27


La classifica dei paesi industrializzati dell’Unione Europea.

Se guardiamo alla produzione industriale dei paesi considerati è possibile creare una classifica dei paesi per percentuale del valore aggiunto derivante dal PIL sulla produzione industriale totale. La repubblica Ceca è al primo posto per livello di industrializzazione con un valore dell’industria sul PIL pari a 38,09%, la Norvegia è al secondo posto con un valore pari al 34,9%. La Slovacchia è al terzo posto con un valore della produzione industriale pari al 34,3% del PIL. La Germania è al sesto posto con il 30% del Pil derivante dalla produzione industriale. L’Italia è al 14° posto con un valore pari al 23% del Pil prodotto dall’industria.

Rank
Country
Industria come percentuale del pil (2015, WB)
1
Czech Republic
38,09139
2
Norway
34,96019
3
Slovakia
34,38484
4
Poland
33,54118
5
Slovenia
33,06311
6
Germany
30,42036
7
Austria
27,98548
8
Bulgaria
27,61331
9
Estonia
26,7492
10
Sweden
26,60069
11
Romania
26,44963
12
Croatia
26,20529
13
Finland
26,12883
14
Italy
23,74615
15
Denmark
23,25515
16
Spain
22,56476
17
Belgium
21,94013
18
Portugal
21,87327
19
Netherlands
20,5917
20
France
19,50416
21
Greece
15,19498
22
Luxembourg
11,28088

Politiche economiche industriali per l’Italia nell’Europa e nella Globalizzazione. L’italia dovrebbe incrementare la produzione industriale al 30-32% del PIl. L’obbiettivo dell’incremento della produzione industriale dovrebbe avvenire anche attraverso un intervento pubblico. Gli Stati dell’Unione Europea devono rinegoziare la disciplina degli aiuti all’industria. La perdita del settore industriale ha un impatto occupazionale enorme e in assenza di un sistema di welfare state può provocare una peggioramento della condizione reddituale dei cittadini. L’Europa deve decidere se procedere alla realizzazione di strutture di sostegno alla popolazione di carattere universalistico da considerare come elementi in grado di incrementare il reddito della popolazione oppure aiutare i lavoratori attraverso l’incremento degli aiuti di Stato nei confronti dei settori industriali. Aiutare l’industria significa sia incrementare i posti di lavoro interni all’impresa sia avere anche un impatto sul settore dei servizi connesso alla produzione. Le conoscenze tecniche e tecnologiche possono trovare una soluzione fondamentale all’interno del settore industriale. I governi devono tornare a pianificare una politica industriale sia a livello nazionale sia a livello europeo. L’unione Europea deve conservare un livello di produzione industriale elevato agevolato sia dalle innovazioni tecnologiche sia dalla presenza di capitale umano qualificato in grado di generare connessioni tra i settori. La creazione di un ministero dell’Industria dedicato allo sviluppo del settore e all’incremento della produzione industriale è un elemento fondamentale per la realizzazione di politiche economiche dedicate e volte anche a riconsiderare i trattati europeo. Le politiche economiche dell’industria devono essere fondate soprattutto sugli aiuti di Stato nella selezione dei settori strategici a livello nazionale da perseguire. I settori della meccanica, dell’information comunication technology insieme con le innovazioni scientifiche devono essere oggetti di piani dedicati per ottenere dei risultati consolidati. Le politiche industriali possono consentire alle imprese italiane produrre occupazione e benessere. 

venerdì 8 luglio 2016

L’industria senza lavoratori

Il rapporto pubblicato dall’INPSmette in evidenza la riduzione del numero delle unità lavorative nel mercato italiano. La riduzione del numero dei lavoratori riguarda sia i dipendenti sia i lavoratori indipendenti. La crisi economica ha ridimensionato il ruolo del lavoro nel contesto della produzione di valore. La crisi economica appare nella sua gravità nel lato del lavoro. Le famiglie sono impoverite. Il numero delle persone in condizione di fragilità economica è aumentato. La solidità delle istituzioni finanziarie è diminuita. Il debito dello Stato è aumentato. Le imprese sono impegnate in processi di finanziarizzazione tali da ridurre l’impatto sull’economia reale.

L’industria abbandona il capitale umano per i robot e la finanza. La riduzione del numero dei lavoratori sembra indicare anche una direzione di lungo periodo dovuto anche al cambiamento della condizione produttiva nel sistema dell’industria e dell’agricoltura. L’industria grazie ai processi di robotizzazione tende ad assumere un numero di lavoratori basso. Il settore della produzione industriale ha un impatto occupazionale basso anche per le strategie di finanziarizzazione delle imprese. Le aziende industriali tendono ad avere una tensione forte verso il mercato finanziario. Il ruolo dei Chief Financial Officer all’interno delle imprese tende ad essere crescente. La possibilità di aumentare la valutazione finanziaria nel breve periodo per incrementare il valore delle azioni mediante l’ideologia della shareholder value maximization tende ad allontanare le imprese dalla visione del prodotto, della customer satisfaction e del mercato e ad orientare il management verso gli indicatori finanziari del bilancio. Le imprese industriali hanno smesso di porre attenzione nei confronti del prodotto. L’impatto occupazionale delle strategie di finanziarizzazione delle industrie porta ad una riduzione dei lavoratori impiegati. L’insieme di robotizzazione e finanziarizzazione porta l’industria ad avere un impatto ridotto nell’occupazione. Il trasferimento dell’occupazione dall’industria al settore dei servizi avviene ad un livello meno che proporzionale. Solo una parte dei posti di lavoro persi nell’industria per la robotizzazione e finanziarizzazione viene ad essere impiegata nel settore dei servizi.  

Il ruolo della finanza nel processo di produzione di valore aggiunto. Le imprese industriali investono in misura sempre più rilevante nella finanza. La finanziarizzazione delle imprese porta le imprese a procedere a processi di merger and acquisitions attraverso meccanismi di shopping aziendale. Le imprese industriali finanziarizzate costituiscono un ibrido. La capacità industriale delle imprese finanziarizzate ha un andamento decrescente. Le imprese finanziarizzate riducono anche l’investimento in ricerca e sviluppo e nell’autofinanziamento. La riduzione dell’investimento nella ricerca e sviluppo ha portato ad una esternalizzazione della condizione dell’innovazione tecnologica realizzata attraverso le start up. Le start up hanno portato alla crescita dell’innovazione tecnologica. La crescita dimensionale delle industrie finanziarizzate sembra ridurre la capacità delle imprese di realizzare attività di ricerca e sviluppo. Il processo di finanziarizzazione delle industrie porta alla riduzione complessiva dell’occupazione.  







mercoledì 6 luglio 2016

Uno Stato globale per governare la finanza





Le regolamentazioni degli stati sono prive dell’efficienza per incidere sulla condizione della globalizzazione finanziaria. Le norme civilistiche relative ai bilanci delle banche hanno perso efficacia. Le banche svolgono attività fuori bilancio in misura rilevante. Uno Stato globale può consentire di governare il sistema finanziario globale e salvare la popolazione dagli effetti nefasti delle crisi finanziarie.

La struttura dei bilanci bancari è stata oggetto di interventi legislativi volti a sostenere il mercato finanziario. Tuttavia nonostante i vari interventi realizzati anche i sede europea il problema della solidità delle banche rimane intatto. Il punto fondamentale in grado di mettere i crisi i bilanci bancari è rappresentato dalle attività svolte dalle banche al di fuori del bilancio. Il bilancio bancario è diventato uno strumento privo della capacità di dare una rappresentazione alla condizione economica e finanziaria della banca. Le operazioni fuori bilancio tendono a superare per l’ammontare il valore degli attivi scritti a bilancio. La presenza del sistema bancario ombra incrementa la probabilità di un ridimensionamento del contenuto informativo del bilancio delle banche. Il sistema caratterizzato dal sistema bancario ombra è crescente sia in termini assoluti sia in termini percentuali rispetto al complesso delle attività svolte all’interno del sistema finanziario. Il calcolo del volume degli attivi effettivi delle banche nella considerazione anche del sistema bancario ombra diventa una operazione quasi impossibile. Il fallimento di una banca è in genere dovuto al volume dei contratti scambiati attraverso cartolarizzazione, derivati, e strumenti finanziari anche con operatori del sistema bancario ombra e quindi posti fuori bilancio della banca. La normativa bancaria a livello internazionale sembra essere del tutto priva della capacità di agire per un miglioramento della condizione della capacità rappresentativa del bilancio bancario. Le regole del bail in possono portare i risparmiatori a pagare per una serie di attività rischiose svolte dalle banche nel sistema bancario ombra.
                                   
La questione degli aiuti di stato alle banche. I governi sono impegnati nel cercare di trovare una metodologia per mettere fine alla crisi delle banche. Le banche sono in genere finanziate attraverso la banca centrale europea con le operazioni volte alla crescita della base monetaria. La possibilità dei governi di intervenire nel caso di crisi economica riguarda il lato dei risparmiatori. I governi dispongono delle norme per salvaguardare i risparmiatori data la dimensione pubblica del risparmio. I fondi disposti dagli stati sono volti a salvare il risparmio dei cittadini. Le banche svolgono una attività sempre più orientata al business nella logica della shareholder maximization. Il fallimento della banca risulta un fatto tipico di mercato. La procedura fallimentare delle banche dovrebbe essere rivista. Le banche dovrebbero poter fallire e lo Stato dovrebbe intervenire nel tutelare il risparmio dei cittadini. In caso di fallimento la procedura dovrebbe prevedere l’estrazione dei depositi dei risparmiatori della banca fallita e la trasposizione in un altro istituto bancario avente le caratteristiche di liquidità e solidità accertata. Il principio “Too big to fail” dovrebbe essere eliminato in presenza di banche orientate al profitto.

La riforma della governance bancaria. L’elemento da modificare all’interno della struttura delle imprese è l’orientamento delle governance bancaria. Le banche possono essere in grado di sviluppare un territorio e l’economia delle famiglie e delle imprese. Tuttavia l’orientamento al mercato finanziario delle banche ha portato alla realizzazione di un sistema caratterizzato dalla massimizzazione del profitto. Le banche vengono amministrate come enti finanziari volti alla massimizzazione del valore nel breve periodo prive di una visione strategica e senza un ruolo attivo nello sviluppo dell’economia locale di riferimento. Le banche come global players operano nella massimizzazione del valore per gli azionisti. Il cambiamento della governance bancaria comporta una attenzione maggiore nei confronti dei valori costitutivi della banca relazionale, della banca intesa come attore sociale, della banca come elemento di crescita economica di un territorio e della popolazione di riferimento. Il cambiamento della struttura della governace bancaria può consentire di realizzare delle politiche economiche in grado di aiutare gli enti in condizione di difficoltà. Il ruolo sociale delle banche è stato messo in discussione nel corso della crisi bancaria. La possibilità per le banche di procedere alla realizzazione di interventi volti alla crescita economica reale è stata ridimensionata. La generazione nuova di manager bancari deve essere orientata all’ottenimento di una serie di risultati valutabili anche sotto il punto di vista sociale e relazionale in percentuale rilevante rispetto agli attivi derivanti dagli investimenti speculativi. Il cambiamento dell’orientamento del management delle banche ha un profilo di ordine pubblico. Lo Stato, gli enti pubblici, la comunità nel suo complesso ha interesse al cambiamento del modello di governance bancaria dall’orientamento shareholder alla stakeholder maximization. Le banche devono essere orientate a servire la comunità di riferimento senza avere la possibilità di accedere a degli elementi di redditività legati in modo esclusivo al mercato finanziario. Il cambiamento della governance bancaria deve avvenire attraverso un sistema volto all’esercizio di una egemonia gramsciana sul sistema di governo degli enti bancari con particolare attenzione alla creazione di valore nei confronti delle imprese, delle famiglie del territorio di riferimento. Le banche partecipano della creazione di denaro. La creazione di denaro deve essere rivolta alla popolazione per finanziare le famiglie, le imprese e le organizzazioni del terzo settore.

La questione del sistema bancario internazionale e della regolamentazione bancaria nazionale. Il sistema bancario è caratterizzato dalla presenza di una condizione di paradosso. Il sistema bancario e finanziario è internazionale. La regolamentazione relativa alla tutela del risparmio dei cittadini è nazionale. La possibilità nazionale di uno stato di procedere alla regolamentazione del sistema bancario è un caso di soluzione locale ad un problema global configurato come un caso di fallimento congiunto istituzionale e di mercato. Il fallimento è insieme di mercato e istituzionale sia a causa della presenza di una condizione di asimmetria informativa tra i depositanti e le banche e sia per l’asimmetria istituzionale esistente tra la dimensione nazionale dello Stato interventista e la condizione internazionale della crisi. La possibilità di agire nel caso congiunto di fallimento istituzionale e di mercato è nulla. Il sistema bancario e finanziario viene manifestato come un elemento in grado di stabilizzare governi e istituzioni di coordinamento tra i governi. La costruzione di istituzioni internazionali è l’elemento in grado di ridurre il rischio derivante dalla crisi finanziaria globale. La sostenibilità finanziaria può essere realizzata attraverso la creazione di un ente internazionale avente carattere di statualità in grado di regolamentare il fenomeno bancario e finanziario a livello internazionale.

L’andamento del sistema bancario ombra in Italia. L’ammontare degli attivi presenti nel sistema bancario ombra italiano hanno avuto un andamento altalenante tra il 2010 e il 2014. I dati sono prodotti dal Financial Stability Board. Nel 2010 il valore degli attività delle istituzioni è stato pari a 7.122,1 milioni di dollari, il valore degli attivi nel sistema bancario ombra è stato pari a 383,0 milioni di dollari ovvero pari al 5,38% degli attivi totali. Nel 2011 il valore degli attivi derivanti dal sistema bancario ombra è stato pari a 334,9 milioni di dollari pari al 4,48% degli attivi complessivi del sistema finanziario. Nel 2012 il valore degli attivi presenti nel sistema bancario ombra è stato pari a 345 milioni di dollari pari al 4,32% del totale degli attivi finanziari equivalenti a 7.990,5 milioni di dollari. Nel 2013 il valore degli attivi derivanti dal sistema bancario ombra è stato pari a 367,9 milioni di dollari ovvero il 4,55% degli attivi totali delle istituzioni finanziarie pari 8.095,6 milioni di dollari. Nel 2014 il valore degli attivi del sistema bancario ombra è stato pari a 326 milioni di dollari pari al 4,59% del totale degli attivi presenti nel sistema finanziario totale pari a 7.106,3 milioni di dollari.
ANNO
ASSET FINANCIAL INSTITUTIONS
ASSET SHADOW BANKING SYSTEM
SHADOW BANKING/ASSET FINANCIAL INSTITUTIONS*100
2010
7.122,1
383,0
5,38
2011
7.477,7
334,9
4,48
2012
7.990,5
345,0
4,32
2013
8.095,6
367,9
4,55
2014
7.106,3
326,1
4,59