Un gruppo editoriale
nuovo proprietario di La Stampa e de La Repubblica è nato. Il gruppo tende ad
avere una posizione dominante nel mercato italiano. La fuoriuscita di FCA dal
settore editoriale ha facilitato la creazione di un polo editoriale nuovo. FCA
ha ceduto le partecipazioni anche in Rcs. Il mercato editoriale dei quotidiani
italiani ha subito una contrazione a seguito della crisi finanziaria. Il numero
di lettori è ridotto. Il numero di giornali venduti è calato. Il mercato dei
quotidiani è regionalizzato. Gli abitanti del Mezzogiorno tendono ad avere una
capacità di lettura di quotidiani e libri ridimensionata rispetto agli abitanti
del Centro Nord. La relazione tra numero di lettori e tasso di crescita
economica tende ad essere positiva. Il settore dei media necessita di processi
di integrazione verticale e orizzontale. Le sfide nuove presenti nel mercato
anche di internet consentono la diversificazione. La dipendenza politica delle
imprese operanti nel settore della produzione industriale dei giornali riduce
la probabilità di una gestione strategica del settore. Il quarto potere è in
realtà un derivato del potere politico. Il processo di aggregazione potrebbe
essere funzionale ad una nuova struttura dell’egemonia politica nazionale
fondata su una visione verticistica nell’esercizio dell’attività di governo.
L’Italia sembra orientata ad un periodo caratterizzato da stabilità di governo
e partiti maggioritari. Il settore editoriale segue le dinamiche della
governance politica con processi di concentrazione. La popolazione italiana
potrebbe trarre un giovamento basso dai processi di integrazione del settore industriale
della stampa. La stampa dovrebbe avere l’obbiettivo di partecipare alla
formazione della popolazione volta ad incrementare il livello culturale, il
numero dei lettori e a offrire anche strumenti per la formazione permanente.
Una stampa concentrata sulle vicende politiche assume una dimensione elitaria.
La stampa può perdere la capacità di incrementare il livello culturale della
popolazione. L’età della diseguaglianza porta ad una stampa di potere lontana
dalla popolazione. Modelli nuovi formativi appaiono nell’orizzonte internet in
grado di produrre formazione e mobilitazione nella ricerca del bene comune a
livello più alto.
Il
numero di lettori. Il numero di lettori sembra essere
diminuito a partire dal 1996 fino al 2015. L’Istat ha riportato i dati relativi
all’andamento del numero dei lettori per classi di età tra il 1996 e il 2015.
L’indice calcola le persone su un totale di 100 con più di 6 anni che hanno
letto almeno un libro nel tempo libero bei 12 mesi precedenti l’intervista.
Nella classe da 6 a 10 anni il numero di persone su 100 che hanno letto almeno
un libro è cresciuto in confronto tra il 1996 e il 2015 dello 0,5% da 43,5% a
44%. La crisi economica ha avuto un impatto nella riduzione del numero delle
persone che hanno letto almeno un libro nella coorte compresa tra i 6 e i 10
anni con una riduzione dal 46,8 per cento del 2007 al 44 per cento del 2015. Il
numero delle persone comprese tra 11 e 14 anni aventi letto almeno un libro è
diminuito del 6,7 per cento tra il 1996 e il 2014 con una riduzione del 7,4 %
tra il 2007 e il 2015. Il numero di persone che hanno letto almeno un libro tra
il 1996 e il 2015 compresi tra i 15 e i 17 anni è passato dal 56% al 53,9% con
una riduzione pari al 2,1%; nella stessa coorte il numero di persone che hanno
letto un libro ha subito una riduzione pari al 2,7% durante la crisi
finanziaria tra il 2007 e il 2015. Il numero di persone che hanno letto almeno
un libro nella categoria delle persone comprese tra i 18 e i 19 anni è passato
dal 56,1% del 1996 al 50,3% del 2015 con una riduzione del 5,8%. Le persone che
hanno letto almeno un libro nella coorte 18-19 anni hanno subito la crisi
economica anche se la perdita di lettori tra il 2007 e il 2015 pari al 3,8 per
cento è stata inferiore alla perdita di lettori nel periodo tra il 1998 e il
2015. Nella categoria delle persone aventi età compresa tra i 35 e i 44 anni il
numero delle persone che hanno letto almeno un libro passato dal 46,3 per cento del 1996 al 43,7 %
del 2015 con una perdita pari al -2,6%. Nella medesima coorte il numero di
lettori di almeno un libro è diminuito del 3,5% tra il 2007 e il 2015. Le
categorie di persone comprese tra i 45-54 anni, 55-59 anni, 60-64 anni, 65-74
anni, e 75 e più anni hanno invece incrementato rispettivamente del 5,4%, del
12,5%, del 16,9%, 12,7%, 9,2%. La crescita del numero dei lettori nella
popolazione aventi una superiore ai 45 anni individua la presenza di coorti con
redditi elevati in grado di resistere anche alla crisi economica.
I
dati della lettura dei quotidiani. Il dati Istat
rappresentano il livello di lettura di giornali per classi di età nella
popolazione italiana. Il numero di italiani tra 6-10 che leggono un giornale
una volta ogni uno o due giorni è pari al 67,2%, ogni tre o quattro giorni è
pari al 10,9%, ogni 5-6 giorni pari al
5,5%, tutti i giorni pari al 16,4%. La percentuale di italiani compresi nella
fascia di età 11-14 lettori di un quotidiano almeno una volta a settimana è
pari a 14.5%. La percentuale di italiani compresi tra i 15 e i 17 anni che
leggono un giornale una volta a settimana è pari al 24,1%; tra i 18-19 anni è
pari al 33,2%; tra i20-24 pari al 41,2%; tra i 25-34 pari al 49,7%; tra i 35-44
pari a 51,4%; tra i 4554 pari a 56,1%; tra 55-59 pari a 59,5%; tra i 60-64 pari
a 58,2%; tra i 60-64 pari a 58,2%, tra i 65 e i 74 pari al 57,4%, tra i 75 e
più pari al 42,9%. All’interno di ciascuna coorte la percentuale di persone che
leggono il giornale almeno una volta alla settimana cresce con l’età. Una
possibile spiegazione potrebbe essere ricercata nella struttura gerontocratica
del paese Italia. L’Italia pregiudica i giovani. Il racconto del paese narrato
dai giornali è lontano dai giovani. Tuttavia è probabile che i giovani abbiano altri
modi per accedere alla formazione della coscienza attraverso internet e i
social media. I giornali sembrano arrancare rispetto ai processi di
elaborazione delle informazioni realizzati attraverso i nuovi media dei social
networks.
I
lettori per regione. L’Istat riporta anche i dati relativi
alla ripartizione delle persone di 6 anni e più che leggono quotidiani una
volta a settimana. E’ possibile realizzare una classifica delle regioni e delle
provincie autonome italiane in base alla percentuale dei lettori di quotidiani
come percentuale della popolazione. La provincia di Bolzano è al primo posto
per percentuale di persone lettrici di quotidiani almeno una volta a settimana
con un valore pari a 71,1%. Il Trentino Alto Adige è al secondo posto con un
valore pari al 67%. La provincia di Trento è al terzo posto con un valore pari
a 63,1%. Seguono in ordine: Sardegna con
il 61,5%, Valle d’Aosta con il 61,4%, Friuli Venezia Giulia con il 60,4%,
Emilia Romagna con il 65,2%; Toscana con il 54,5%, Veneto 53,8%, Liguria 51,9%,
Piemonte 51,1%, Lombardia con il 51,1%; Umbra con il 50,1%; Marche con il
48,9%; Lazio con il 44,1%; Abruzzo con il 42,4%; Molise con il 37,6%; Puglia
con il 36,8%; Calabria con il 35,1%; Sicilia con il 35%; Campania con il 34,8%;
Basilicata con il 31,7%. La classifica mette in evidenza la relazione positiva
tra prodotto interno lordo e percentuale dei lettori di quotidiani almeno una
volta a settimana nelle regioni italiane. La popolazione residente nelle
regioni italiane aventi un livello reddituale alto tendono a leggere con percentuali
elevate. La popolazione residente nel mezzogiorno ha una attitudine alla
lettura dei giornali bassa. La
situazione del Mezzogiorno risulta aggravata in un confronto tra macro-aree. Il
56,6% della popolazione residente nel Nord-Est legge un quotidiano almeno una
volta alla settimana. Il 51,2% della popolazione residente nel Nord-Ovest legge
un quotidiano almeno una volta a settimana. Il 48,4% della popolazione residente
nel centro Italia legge un quotidiano almeno una volta alla settimana. Il 41,6%
della popolazione residente nelle Isole legge un quotidiano almeno una volta
alla settimana. Il 36,1% della popolazione residente nel Sud Italia legge un
quotidiano almeno una volta a settimana. E’ possibile ipotizzare anche una
relazione inversa tra lettura dei giornali e partecipazione alle attività
politiche, sociali, comunitarie ovvero ai processi di costruzione del capitale
sociale. Il capitale sociale è fondamentale per il sostegno alla crescita
economica. Il numero basso di lettori nelle regioni meridionali incrementa la
distanza tra le istituzioni politiche e la cittadinanza con effetti regressivi
agenti sulle popolazioni avente reddito basso. Sotto il profilo culturale la
popolazione meridionale appare elitaria, gerarchia, polarizzata. Solo 4 persone
su 10 nel mezzogiorno leggono i quotidiani una volta alla settimana e sono grado
di seguire gli avvenimenti politici, sociali, culturali locali, nazionali ed
internazionali. Il governo potrebbe realizzare delle politiche economiche volte
ad incrementare la diffusione dei giornali nelle regioni aventi una percentuale
di lettori inferiore al 50% della popolazione residente. La crescita della
consapevolezza relativa alla condizione politica economica e sociale consente
di incrementare la fiducia per le istituzioni politiche, economiche,
comunitarie e sociali.
Il
livelli di literacy. L’Istat ha classificato anche i livelli di
literacy. La literacy riguarda la capacità di utilizzare le competenze di
lettura per incrementare la partecipazione alla vita sociale, economica, civile
e incrementare il potenziale. La literacy riguarda capacità cognitive applicate
alla lettura di un testo e l’elaborazione per il conseguimento di obbiettivi
individuali. Le competenze relative alla scrittura di un testo sono escluse
dalla literacy. La valutazione dei livelli di literacy avviene attraverso la
capacità degli adulti di comprendere le parole di un testo. La percentuale
della popolazione avente un livello di literacy inferiore a livello 1 è pari al
13,8% contro la media dei paesi OCSE pari al 5,7%. La percentuale della
popolazione italiana avente un livello di literacy inferiore al livello 1 è
maggiore della media dei paesi OCSE. Il 20% della popolazione italiana ha un
livello di literacy pari a 1 contro il 10,8% della popolazione dei paesi OCSE.
Il 34,5% della popolazione italiana ha un livello di literacy pari a 2 contro
il 28,4% della popolazione OCSE. Il 27,1 % della popolazione italiana ha un
livello di literacy pari a 3 contro un livello dei paesi OCSE pasi al 39,3%. Il
4,5% della popolazione italiana ha un livello di literacy pari a 4 contro il
14,6% della popolazione OCSE. Lo 0% della popolazione italiana ha un livello di
literacy pari a 5 contro l’1,2% della popolazione OCSE. La popolazione italiana
ha un livello di literacy inferiore rispetto alla media dei paesi OCSE. Il dato
dell’ISTAT è nazionale e omette la rappresentazione del livello di literacy per
regioni. E’ legittimo immaginare un livello di literacy inferiore per i paesi
del mezzogiorno italiano rispetto ai paesi del Nord Italia. Il livello di
literacy basso in Italia rispetto ai paesi OCSE trova una spiegazione negli
investimenti bassi nel settore dell’istruzione, della ricerca, della cultura. I
livelli di literacy sono bassi anche in considerazione delle classi di età, del
livello di istruzione e dell’impegno in attività formative. Il punteggio in
termini di literacy della popolazione compresa tra i 16 e i 24 anni in Italia è
pari a 261 contro i 280 della media OCSE. La popolazione tra i 23-34 anni ha un
livello di literacy pari a 260 contro i 284 punti della popolazione OCSE. La popolazione tra i 35 e i 44 anni ha un
livello di literacy pari a 253 contro un punteggio di 279 della popolazione
OCSE. La popolazione tra i 45 e i 54 anni ha un livello di literacy pari a 249
contro un livello medio della popolazione OCSE equivalente a 268. Il livello di
literacy della popolazione con una età compresa tra i 55 e i 65 anni è pari a
233 contro un livello medio OCSE pari a 255. I livelli di literacy degli
italiani sono bassi rispetto ai livelli medi dell’OCSE anche a parità di
livelli di istruzione e di impegni occupazionali o in attività di studio.
Leadership
e literacy. I dati associano il reddito al livello di
lettura di quotidiani e all’acquisizione di livelli di literacy. Il nord-est ed
il nord ovest sono agevolati nel livello di leadership e literacy grazie allo
stock di investimenti accumulati. Il Sud Italia ha un livello basso di accesso
ai quotidiani, con un livello di literacy basso e una cultura della leadership
ridotta. La politica economica della cultura può portare alla crescita degli
incentivi volti alla crescita del numero di meridionali lettori di quotidiani con
un livello di literacy crescente. Tuttavia in mancanza di una politica
economica della cultura centralizzata è auspicabile una attività di
investimento nella lettura di quotidiani e libri dal basso. Le organizzazioni
del terzo settore insieme con le istituzioni politiche possono creare dei
programmi per incrementare il numero dei lettori. La probabilità di crescere
nella dotazione del capitale umano necessario per procedere alla realizzazione
di una crescita economica reale risiede nell’incremento del livello culturale
dei cittadini. Per incrementare il livello di literacy è possibile anche
incrementare la percentuale della popolazione avente un titolo di studio
universitario. Il sistema costituito da istruzione, cultura, quotidiani e
agenzie culturali pubbliche e private può operare come uno shock cognitivo per
incrementare il livello di consapevolezza degli italiani anche rispetto alla
media dei paesi OCSE. La literacy consente di ottimizzare le informazioni
ottenute da un testo come strumento decisionale individuale. Avere una
struttura interpretativa, comprendere le informazioni e decidere sulla base di
funzioni di utilità individuali aventi impatto collettivo può consentire la
formazione di un processo di leadership da esercitare nelle organizzazioni private,
politiche, comuni e civili.