domenica 28 dicembre 2014

Il prezzo del petrolio come sanzione verso i paesi produttori non allineati


 

Possiamo fare una assunzione: che nel mercato del petrolio il prezzo basso può essere una sanzione nei confronti dei paesi “non allineati” mentre il prezzo alto può essere un premio nei confronti dei paesi produttori che sono virtuosi.

 



 
E’ possibile distinguere due componenti nella produzione del prezzo del petrolio. Una componente di mercato, che riguarda cioè la domanda di mercato che potremmo definire “esogena” rispetto alle decisioni dei paesi produttori, ed una componenti interna che potremmo definire endogena rispetto alle scelte di prezzo realizzate dai produttori.

La globalizzazione ha bisogno di petrolio. Il petrolio sostiene le economie in via di sviluppo e nello stesso tempo anche le economie industrializzate. Poiché la domanda di petrolio è molto sostenuta e questo dovrebbe portare ad una crescita del prezzo del petrolio. Il petrolio è un bene scarso laddove la domanda sostenuta dovrebbe produrre una crescita del prezzo del petrolio.

Tuttavia nonostante una forte domanda di mercato il prezzo si riduce e quindi questo sta a significare che la componente endogena del prezzo, ovvero quella relativa alla struttura interna dell’organizzazione dei produttori, prevale su quella esogena, ovvero sul meccanismo domanda-offerta estraneo dalla organizzazione dei produttori di petrolio.

Ne deriva pertanto che il prezzo del petrolio in questa fase assume una connotazione di sanzione nei confronti di alcuni paesi produttori da parte di altri. L’impatto del basso prezzo del petrolio potrebbe essere una cosa buona per i paesi in via di sviluppo.

Tuttavia è necessario considerare che un basso prezzo del petrolio potrebbe determinare una riduzione del valore delle riserve di petrolio e una riduzione del valore dei contratti finanziari derivati sul petrolio. Una tale riduzione di valore potrebbe colpire anche alcuni mercati finanziari evoluti.

Il conflitto tra i paesi produttori di petrolio potrebbe portare ad una ulteriore riduzione del prezzo del petrolio, fino a quando non si raggiunga un qualche obbiettivo di governance in grado di modificare le prospettive di sviluppo del mercato petrolifero.

Cambiamenti che appaiono abbastanza difficili in uno scenario nel quale l’occidente ha deciso di ridurre la produzione di valore aggiunto soprattutto manifatturiero e industriale in favore dell’oriente.

Forse la ripresa del prezzo del petrolio a prezzi “medi” potrebbe determinarsi solo con la ripresa della produzione industriale nelle economie occidentali.

Una ripresa che appare difficile nel caso di imprese price-taker ma che sembra invece altamente probabile nel caso di imprese price-maker. Tuttavia il basso prezzo del petrolio ha anche l’effetto di ridurre gli investimenti nelle attività di ricerca di nuove fonti di energia.

Se il prezzo del petrolio basso può essere inteso come una sanzione nei confronti di alcuni paesi produttori allora una ripresa del prezzo del petrolio potrebbe segnare il superamento delle condizioni di conflittualità tra i produttori.

sabato 27 dicembre 2014

LE RIFORME CHE SERVONO RIGUARDANO LA BANCA CENTRALE

In un periodo di crescita economica prolungata in Asia, in un periodo di ripresa dell’economia americana l’economia europea è ancora ferma. Le prospettive di crescita per l’economia europea sono ancora basse. Sembra che l’Europa abbia perso la stessa prospettiva di una politica economica che possa in un qualche modo produrre una crescita economica.
In genere le ragioni per le quali si ritiene che l’Europa sia lenta nella crescita sono legate ai seguenti fattori: ingessamento del mercato del lavoro, alti costi della politica, alte tasse e un mercato delle imprese controllato. Tuttavia anche se in questi settori si sono verificate delle importanti innovazioni, come per esempio è accaduto in Italia, la crescita economica sembra essere ancora lontana.
Non basta a produrre crescita economica l’eliminazione del’art. 18, non è bastata la riduzione dei costi della politica, il progetto costituzionale di riforma del parlamentarismo, ed anche forme di agevolazione per l’ingresso di finanziamenti dall’estero sembrano inefficienti a produrre la crescita economica.
Sembra che in effetti la politica fiscale non abbia alcuna possibilità di impattare la crescita economica. Forse una ragione potrebbe essere ritrovata nella mancanza di gerarchia nell’Unione Europea. In effetti anche se l’Unione Europa è una confederazione di Stati è pure necessario che vi sia una figura istituzionale che possa mettere ordine e dirimere le controversie anche tra i paesi. Se infatti alla tendenza centrifuga dell’Europa delle regioni” non si affianca un progetto centrifugo di una “Europa delle istituzioni” è probabile che le tentazioni regressive del localismo sia superiori rispetto alle tendenze progressiste dell’istituzionalismo volto non solo al riconoscimento della centralità dei territori, ma soprattutto alla centralità dell’uomo e della sua “libertà di capacitazione”.
E’ quindi è necessario che la riforma della politica fiscale sia fondata su di una nuova struttura istituzionale gerarchica che possa in questo modo le politiche fiscali soprattutto relative alla tassazione potrebbero trovare una maggiore capacità di realizzazione pure nel rispetto di un principio di sussidiarietà.
Affinché esista un localismo, un regionalismo, un principio di sussidiarietà è necessario che esista anche una tendenza centralista alla quale il localismo possa in qualche modo non solo contrapporsi ma pure accedere nel caso in cui le risorse dei territori fossero insufficienti a garantire ai cittadini diritti umani e qualità della vita sufficienti.
Questo potere di carattere centrale deve tuttavia avere la capacità di contrapporsi alla Banca centrale in modo virtuoso. E’ necessario quindi considerare che la banca centrale deve avere la possibilità di influenzare direttamente l’economia europea. Per fare questo è necessario che la banca centrale sia capace non solo di agire con le politiche di austerità, ma pure con le politiche economiche volte alla crescita. Sembra infatti che la politica economica della banca centrale sia monca. All’elevata capacità di produrre una politica monetaria restrittiva si contrappone un handicap politico: l’incapacità di produrre una politica monetaria espansiva.
E’ difficile capire perché il banchiere centrale abbia rinunciato a questo lato importante della politica monetaria. Perché il banchiere centrale non ha voluto potenziare il lato delle politiche economiche espansive e ha voluto invece soltanto mostrare la sua capacità di performare con le politiche economiche restrittive.
Una banca centrale ha bisogno di poter agire con tutti e due i lati della politica monetaria sia nella versione restrittiva che quella espansiva.
La possibilità di accedere ad entrambe le politiche è fondamentale per l’autonomia della banca centrale. Per questo è necessario considerare che fino a quando non si avrà una politica economica espansiva non potremo considerare la banca centrale come un progetto compiuto. La banca centrale europea è ancora una istituzione povera e da riformare.
Per questo ora che gli stati hanno realizzato delle politiche economiche fiscali di riforma è necessario riformare la banca centrale.

Una banca centrale libera e autonoma capace di perfomare anche delle politiche economiche espansive in grado di impattare e dirigere l’economia europea.