Jan Dibbets-Moma-2015 |
L’euro
consente all’élite finanziaria europea di accedere al colonialismo
proprietario. La possibilità di vincere la partita globale dipende dalla
capacità di tenere insieme moneta forte e benessere dei cittadini. L’industrialismo
nuovo può comportare una crescita dell’offerta e della domanda in presenza di
capitale umano qualificato.
L’Unione
Europea è alla ricerca di una politica economica in grado di produrre crescita.
La crisi ha comportato una modificazione dello scenario della produzione di
valore aggiunto all’interno dell’economia. L’economia dell’Unione Europea è
orientata verso il settore dei servizi. L’Europa in volta alla produzione
industriale è un progetto declinante anche per la Germania. La percentuale di
valore aggiunto prodotto dal settore dell’industria in Germania e nell’Unione
Europea è diminuito dal 2004 al 2014 come indicato dai dati della Banca
Mondiale. La riduzione del valore aggiunto prodotto dal settore industriale in
Europa è accompagnato anche dalla riduzione del valore aggiunto della produzione
industriale realizzato negli Stati Uniti. La riduzione del valore aggiunto
prodotto dal settore dell’industria è un fatto connaturato alla
globalizzazione. La globalizzazione incrementa la produzione di beni e servizi
realizzati dall’industria attraverso la crescita del numero dei paesi in grado
di accedere alla manifattura. La manifattura è un settore internazionalizzato.
I processi produttivi avvengono attraverso una serie complessa di interazioni
internazionali. La rete dei trasporti e dei sistemi di comunicazione ed
informatici ha un ruolo fondamentale per consentire ai produttori di realizzare
dei prodotti finiti. L’internazionalizzazione del sistema della produzione
avviene in connessione con l’apertura dei mercati dei servizi a livello
globale. Il settore dell’industria ha la possibilità di generare un numero
elevato di posti di lavoro all’interno dei settore dei servizi. L’internazionalizzazione
del sistema produttivo comporta l’internazionalizzazione del settore dei
servizi. La tensione alla globalizzazione porta i paesi a vedere ridotta la
percentuale di prodotto interno lordo derivante dall’industria con la crescita
del numero dei paesi di sviluppo nuovo. L’emancipazione economica dell’Africa e
lo sviluppo sostenuto realizzato dai paesi a medio reddito in America Latina e
in Asia comporta una crescita dell’offerta complessiva di beni e servizi
industriali. Le relazioni industriali internazionali sono sempre più
importanti. Le politiche economiche dei paesi devono essere volte ad ottenere delle
relazioni con le nazioni dove sono allocate le produzioni. I paesi detentori di
moneta forte possono investire nei paesi di sviluppo nuovo per ottenere diritti
di proprietà e rendimenti elevati in fase di importazione finale dei prodotti
realizzati nei paesi di origine. L’euro consente alle imprese, alle banche,
agli investitori di svolgere un ruolo primario nella formazione della classe
dirigente globale. L’élite industrialista europea dotata della moneta forte può
procedere alla realizzazione di impianti produttivi con vantaggio di rendimento
elevato nelle zone di sviluppo nuovo. L’euro ha consentito agli europei di
svolgere un ruolo nuovo nella fase di colonialismo finanziario-proprietario
caratterizzato dalla globalizzazione.
Gli investimenti degli europei nei
paesi di nuovo sviluppo.
Il ruolo dell’euro è stato sempre considerato in modo negativo da molti
commentatori sia europei sia extra-europei. La popolazione ha criticano l’euro
per la perdita di potere di acquisto. I partiti politici hanno raccolto
consensi per contrastare la moneta unica e proporre l’affermazione della
sovranità nazionale. Il ruolo dell’euro può essere compreso nell’ottica della
globalizzazione. L’Europa Unita e gli europei falliscono nella trappola del
continentalismo. L’Europa deve essere aperta sia nell’accoglienza sia nell’affermazione
internazionale economica, finanziaria, proprietaria. I fondi di investimento
europei, le banche europee, i financers privati europei possono essere classe
dirigente globale. La capacità dell’euro di essere uno strumento per l’accumulazione
di diritti di proprietà nel contesto della globalizzazione. L’euro è uno
strumento per una forma di colonialismo proprietario nuovo realizzato nelle
imprese attraverso la collezione dei fattori di produzione dei paesi a reddito
medio e di sviluppo nuovo. La classe dirigente europea con l’euro può vincere
la partita globale del liberalismo elitario. La globalizzazione informale
richiede classi dirigenti in grado di operare mediante accordi tra soggetti
anche determinati in via privatistica. Le classi dirigenti europee con l’euro
possono anche operare attraverso l’offerta di strumenti finanziari in grado di
ottenere rendimenti elevati. L’élite europea può acquistare centri di potere
finanziari e proprietari nuovi nella globalizzazione. Le classi dirigenti
europee possono con facilità partecipare delle privatizzazioni, acquisire
monopoli, realizzare delle forme di controllo oligopolistico e finanziario. La
lotta tra le classi dirigenti vede l’élite europea in vantaggio grazie alla
presenza dell’euro. La globalizzazione chiede alla classe dirigente di essere
pronta alla “guerra proprietaria” ovvero all’acquisizione di diritti di
proprietà nei vari paesi per difendere le posizioni internazionali e garantire
la prosperità anche in Europa. L’Unione Europa vince con l’apertura
internazionale. Una Europa pioneristica volta all’egemonia finanziaria e
proprietaria può guidare la globalizzazione verso una struttura di benessere
grazie anche alla presenza della cultura della democrazia e dei diritti
inviolabili.
La classe dirigente europea e la
questione dell’equità.
La globalizzazione è caratterizzata da un fenomeno di crescita del numero dei
paesi costituenti la base della produzione economica industriale aventi accesso
a forme di reddito elevato all’interno di un processo di aumento delle
diseguaglianze sociali fondate sulla ricchezza finanziaria. Il fenomeno
orizzontale dell’aumento del numero delle persone aventi un reddito crescente è
inserito in un contesto di verticalizzazione delle classi sociali con
assottigliamento all’apice. L’euro consente alla classe dirigente europea di
poter vincere la sfida elitaria della globalizzazione. Il costo sociale della
vittoria globale può essere elevato. Il welfare state compromesso. Le entrate
del sistema tributario ridimensionate. Le politiche economiche sociali prive
delle capacità di incidere sul benessere delle persone. Lo stato può perdere la
capacità di essere ente in grado di produrre trasferimenti finanziari su base
democratica e meritocratica. L’ente pubblico superiore può essere limitato nell’azione
volta a produrre beni e servizi pubblici in favore dei cittadini. Il debito
pubblico elevato crescente nell’Europa Unita può portare ad una riduzione dei
diritti economici e sociali dei cittadini. Il vincolo inflattivo della Banca
Centrale può portare alla perdita della politica monetaria come strumento per
produrre benefici ai percettori di redditi da lavoro. La classe dirigente
europea impegnata nella vittoria della sfida all’accumulazione globale ha
necessità di policy makers in grado di svolgere l’attività di fornitura di beni
e servizi alla popolazione. I cittadini europei dovrebbero continuare ad essere
istruiti, curati nelle strutture pubbliche e in ogni caso con livelli alti di
somministrazione di beni e servizi sanitari, in grado di partecipare con
libertà alla comunità e pronti a realizzare la manifestazione della personalità
nelle organizzazioni scelte. Il benessere dei cittadini è fondamentale per la
vittoria della sfida globale. L’Europa può essere un modello in grado di
mettere insieme una economia volta alla promozione delle persone e delle
collettività con la presenza di una classe dirigente vincitrice della
competizione globale. L’europeismo nuovo è globalizzato volto alla vittoria
nella sfida proprietaria e finanziaria e caratterizzato dall’offerta di sistemi
economici e sociali di benessere per i cittadini. Il modello economico dell’Europa
può guidare la globalizzazione nel raggiungimento dell’obbiettivo della
crescita economica, della pace, dell’inclusione sociale e del rispetto
ambientale. I popoli dell’Europa possono partecipare con successo del processo
europeistico della globalizzazione. La democrazia può tenere insieme la
tensione delle élite a vincere la competizione globale con il diritto al
benessere e alla promozione sociale dei cittadini.
La riforma del sistema produttivo
industriale nella globalizzazione. Il
sistema della produzione industriale globale è stato oggetto di una
modificazione strutturale. Il numero di paesi in grado di produrre beni e
servizi legati al settore dell’industria è elevato. L’allargamento della base
dei paesi in grado di produrre comporta una riduzione relativa della
percentuale di prodotto interno lordo derivante dall’industria nei paesi
occidentali. La Banca Mondiale produce una variabile relativa alla percentuale
del Prodotto Interno Lordo dei paesi dell’industria. Nei dati della Banca
Mondiale l’industria è comprensiva anche del settore delle costruzioni. La
Repubblica Ceca nel 2014 è stata al primo posto nella classifica dei paesi
europei per percentuale di prodotto interno lordo derivante dall’industria con
un valore pari al 37,9%. La Slovacchia al secondo posto con un valore pari al
33,6%. La Slovenia al terzo posto con un valore dell’industria pari al 33,12
percento del PIL. L’Italia nel 2014 era al sedicesimo posto con un valore dell’industria
pari al 23,4% del PIL. Grecia, Lussemburgo e Cipro chiudono la classifica con
un valore della produzione industriale sul PIL pari al 15%, 11% e 10%. I dati
possono essere considerati anche sotto un profilo dinamico come variazione del
prodotto interno lordo derivante dall’industria nel periodo 2003-2014. Nella
Repubblica Ceca la percentuale di prodotto interno lordo realizzata con l’industria
è aumentata del 2,2% tra il 2003 e il 2014. In Polonia è nello stesso periodo la
percentuale è aumentata dell’1,3%. In Germania dell’1,07%. Spagna, Cipro e
Irlanda sono i paesi hanno perso il 7%, 9% e 10% della produzione industriale
rispetto al PIL. Il dato medio per i paesi europei nel periodo 2003-2014 è
negativo pari a -4,3%. La percentuale di prodotto interno lordo dell’economia
mondo derivante dall’industria è diminuita dal 2003 al 2013 dell’1,4%. Il
fenomeno della riduzione della produzione industriale come percentuale del PIL
è globalizzato.
Nuove
tipologie di industrie a fondamento tecnologico. La percentuale del prodotto
interno lordo generato dall’industria nei paesi occidentali e nell’economia
mondo tende a diminuire. L’aspetto quantitativo dice solo una parte della
questione. Occorre anche considerare la dimensione qualitativa. L’industrialismo
nuovo realizzato deve essere fondato sull’automazione, sulla robotizzazione. La
produzione industriale automatizzata può portare ad una crescita dei beni e
servizi realizzati. L’effetto della robotozzazione e dell’automazione può
essere ambiguo. La robotizzazione e l’automazione incrementano la produzione di
beni e servizi attraverso l’efficientamento delle imprese di produzione. L’effetto
della robotizzazione e dell’automazione sull’offerta è positivo. L’effetto
sulla domanda deve essere considerato come connaturato alla dimensione dei
servizi. La robotizzazione e l’automazione dei processi industriale può
comportare una crescita di posti di lavoro nel settore dei servizi connessi. L’effetto
congiunto dell’aumento dell’offerta e della domanda può essere positivo in
presenza di capitale umano qualificato.
RANK
|
COUNTRY
|
2003-2014
|
1
|
Czech Republic
|
2,252939
|
2
|
Poland
|
1,349649
|
3
|
Germany
|
1,077672
|
4
|
Hungary
|
0,617171
|
5
|
Croatia
|
-0,03495
|
6
|
Bulgaria
|
-0,35421
|
7
|
Lithuania
|
-0,50931
|
8
|
Latvia
|
-0,52323
|
9
|
Romania
|
-0,63678
|
10
|
Estonia
|
-1,16817
|
11
|
Slovak Republic
|
-1,56031
|
12
|
Slovenia
|
-1,57127
|
13
|
Netherlands
|
-2,34483
|
14
|
Italy
|
-2,47979
|
15
|
Austria
|
-2,61536
|
16
|
France
|
-2,62958
|
17
|
United Kingdom
|
-3,08822
|
18
|
Sweden
|
-3,25864
|
19
|
Denmark
|
-3,30857
|
20
|
Belgium
|
-3,58009
|
21
|
Portugal
|
-4,31223
|
22
|
Luxembourg
|
-6,47487
|
23
|
Greece
|
-7,1073
|
24
|
Finland
|
-7,34624
|
25
|
Spain
|
-7,91449
|
26
|
Cyprus
|
-9,59233
|
27
|
Ireland
|
-10,7335
|
RANK
|
COUNTRY
|
% INDUSTRY/Gdp
|
1
|
Czech Republic
|
37,96036
|
2
|
Slovak Republic
|
33,62116
|
3
|
Slovenia
|
33,12207
|
4
|
Poland
|
32,59446
|
5
|
Hungary
|
31,17129
|
6
|
Lithuania
|
30,543
|
7
|
Germany
|
30,32801
|
8
|
Croatia
|
28,83014
|
9
|
Estonia
|
28,11005
|
10
|
Austria
|
28,04381
|
11
|
Romania
|
27,27353
|
12
|
Bulgaria
|
27,1679
|
13
|
Finland
|
26,53532
|
14
|
Sweden
|
25,9877
|
15
|
Ireland
|
25,62044
|
16
|
Italy
|
23,4797
|
17
|
Latvia
|
23,35949
|
18
|
Denmark
|
22,4578
|
19
|
Spain
|
22,41031
|
20
|
Belgium
|
22,14515
|
21
|
Portugal
|
21,54575
|
22
|
Netherlands
|
21,20187
|
23
|
United Kingdom
|
20,95559
|
24
|
France
|
19,43571
|
25
|
Greece
|
15,76111
|
26
|
Luxembourg
|
11,87006
|
27
|
Cyprus
|
10,5501
|