mercoledì 6 gennaio 2016

Immigrati, lavoratori e cittadini per un nuovo welfare europeo


“Pessimo auspicio per la stabilità sociale e politica in Germania come in Europa. «Nel 2016 è in gioco la coesione della nostra società, non dobbiamo farci dividere» aveva detto Merkel nel discorso di fine anno. Dopo Colonia potrebbe ricominciare anche il ballo sulla sua poltrona. Comincia male questo 2016 che recapita subito all’Europa l’ennesimo certificato di ingovernabilità e impotenza collettiva, tra divisioni e incapacità di penetrare il buio oltre la siepe. Non comincia bene neanche per l’Italia, privata da un colpo di palazzo del suo esperto immigrazione nel gabinetto Juncker. Perché? Forse urge riflessione anche sul nostro modo di fare politica in Europa.” ( Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/MTYs2L)

L’immigrazione resta una delle grandi problematiche dell’Unione Europa che sembrano impossibili da risolvere. L’idea stessa di fermare l’immigrazione potrebbe essere sostanzialmente sbagliata ed in ogni modo priva di possibilità di attuazione. Inoltre occorre considerare che dato l’invecchiamento della popolazione occidentale e soprattutto dei paesi mediterranei dell’Unione Europea, l’immigrazione sembra l’unica forza in grado di dare nuovo slancio ad un assetto demografico che pare avviato verso un inevitabile declino e per sostenere anche quei sistemi di welfare state residuali che ancora resistono a stento.
Una politica europea per l’immigrazione. L’esistenza di un piano europeo dell’immigrazione fatica a concretizzarsi a causa della presenza di contrapposizioni politiche-ideologiche ma anche per la contrarietà della popolazione rispetto alla questione degli immigrati. In effetti l’immigrazione risulta essere molto sentita nelle zone di approdo degli immigrati dove dinanzi alle tragedie del mare ed anche dinanzi alle difficoltà oggettivie prodotte la popolazione chiede degli interventi sempre più forti volti a fermare il fenomeno dell’immigrazione. Una politica europea dell’immigrazione appare del tutto priva di efficacia soprattutto perché il coordinamento tra diversi stati e diverse polizie nazionali sembra rendere i programmi politici europei privi di fattualità. L’Unione Europea dovrebbe iniziare a farsi carico non solo delle politiche ma anche delle strutture necessarie per la realizzazione delle politiche prospettate. L’immigrazione può essere l’occasione per creare un corpo di polizia doganale dell’Unione Europea impegnato nel contrasto all’immigrazione, al traffico di esseri umani e al traffico anche di beni e prodotti a livello internazionale. Il corpo di polizia doganale dell’Unione Europea dovrebbe essere autonomo, auto-finanziato, avente una capacità esclusiva di azione e con una condizione di superiorità gerarchica e funzionale disposta per legge nei confronti delle polizie locali con le quali è anche possibile realizzare dei piani di intervento comune.
Gli immigrati come forza demografica fondamentale. Gli immigrati vengono spesso definiti come dei soggetti in grado di rubare i posti di lavoro ai residenti. Tuttavia in una economia come quella europea volta al settore dei servizi con un valore sempre minore dell’agricoltura e con un settore edilizio in fortissima crisi gli immigrati dovrebbero essere considerati come una risorsa per rilanciare alcuni settori. In genere gli immigrati poco scolarizzati lavorano in agricoltura, nell’edilizia, in attività di carattere industriale. La popolazione europea è orientata ad un certo invecchiamento e pertanto le attività che gli immigrati sono disposti a svolgere in realtà in assenza di immigrati semplicemente rimarrebbe priva di manodopera. Il futuro di settori come l’agricoltura e l’edilizia, delle piccole imprese artigiane, dipende in modo fondamentale dalla presenza di immigrati e dalla capacità delle politiche economiche di realizzare una certa integrazione. Inoltre gli immigrati hanno dimostrato anche di essere in grado di svolgere attività di carattere imprenditoriale e commerciali e si pongono a volte come dei contributori sia del sistema fiscale che del sistema previdenziale nell’Unione Europea.
Il costo delle politiche dell’immigrazione. Il costo delle politiche volte all’accoglienza degli immigrati è legato in misura strutturale non soltanto all’accoglienza ma anche alla questione della formazione, dell’educazione, del sostegno all’occupazione e alla sanità. Tuttavia la domanda di welfare state che viene promozionata dagli immigrati può consentire agli stati europei di fare in modo che le istituzioni sociali possano continuare ad esistere e non siano invece privatizzate od eliminate del tutto. L’aumento della diseguaglianza economica all’interno dei paesi dell’Unione Europea potrebbe essere mitigata dalla presenza del welfare state. Tuttavia il welfare state viene considerato un apparato dello Stato in disuso e privo di utilità. La presenza di immigrati può porre, in forma nuova, la questione della realizzazione di politiche economiche sociali volte alla realizzazione del welfare state non soltanto per gli immigrati ma anche per i residenti attraverso la rimozione delle diseguaglianze. Il costo dell’integrazione potrebbe certo ricadere sul contribuente e portare a delle crescite del livello della tassazione. Tuttavia i costi potrebbero portare anche a maggiori vantaggi nel senso di formare gli immigrati alla lingua, al sistema economico europeo e dare loro anche degli strumenti professionali per l’inserimento nel mercato del lavoro. Il costo in termini di imposte sostenuto dai contribuenti potrebbe in realtà incontrare il valore prodotto dagli immigrati in termini di maggiore coesione sociale, di maggiore produttività nei settori ad alto utilizzo di manodopera.
La questione etnico-religiosa. Una delle questioni dell’immigrazione fa riferimento alle diversità etnico-religiose prodotte dall’immigrazione. A volte si propone questo tema come un problema. Occorre considerare che la civiltà euro-mediterranea è costituita sul meltin pot culturale anche se all’interno della statualità e del potere politico esercitato attraverso i mezzi dello Stato. Le culture del medioriente hanno sempre trovato nell’Europa una sponda di approdo. La cultura europea può essere intesa attraverso le diversità culturali. Inoltre occorre considerare che la cultura europea è fondata sullo Stato di diritto ovvero sul complesso delle regole, nelle quali rientra anche la libertà religiosa, e pertanto l’Unione Europea non può che accogliere i migranti e dare loro delle possibilità per l’inserimento. Del resto la maggior parte dei problemi dei quali soffrono i lavoratori in termini di salario ed i cittadini in termini di servizi prodotti dallo Stato ed in generale i problemi della diseguaglianza esisterebbero anche in assenza degli immigrati. I problemi dei lavori e dei cittadini sono prodotti da scelte aziendali e da scelte politiche sbagliate che diventano insostenibili con la presenza dell’immigrazione. L’immigrazione è allora una forza che può consentire il cambiamento e la mobilitazione anche dei lavoratori e dei cittadini residenti per ottenere una società più giusta, orientata alla diseguaglianza, nella difesa del welfare state e delle condizioni di benessere condiviso. La questione etnico-religiosa può essere una risorsa in una Unione Europea già caratterizzata da diversità linguistiche, etniche e religiose eppure, forse proprio per questo, impegnata in una attività politica ed istituzionale di dialogo anche difficile eppure in grado di dare senso al regime democratico.  
Le classi dirigenti democratiche alla prova del dialogo. Le classi dirigenti dell’unione europea per quanto facciamo parte di paesi che sono sostanzialmente democratici hanno dimostrato tuttavia di riuscire a sopravvivere come élite finanziarie, burocratiche, amministrative, imprenditoriali. La popolazione residente molto spesso è assuefatta ad un ordinamento economico che si ritiene impossibile da cambiare anche se questa accettazione supina dell’ordine sociale contrasta con l’idea stessa di democrazia. L’arrivo degli immigrati pone con forza la questione sociale. Una alleanza tra lavoratori, cittadini ed immigrati potrebbe consentire di migliorare l’assetto democratico dell’Unione Europea e produrre dei cambiamenti anche nell’elitismo delle classi dirigenti volti ad accettare l’investimento sociale per la rimozione delle diseguaglianze e la creazione di maggiori opportunità.


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