venerdì 23 maggio 2014

Il neonazionalismo nell'Unione Europea


« […] economie che si sviluppano in modo diverso e preferenze politiche dei cittadini anch'esse divergenti sono una combinazione pericolosa sul lungo andare. […]Se i partiti più euro-critici dovessero vincere le elezioni in singoli Paesi […] ogni progetto di modifica dei Trattati, o ogni decisione europea che richiedesse ratifiche parlamentari nazionali, verrebbe accantonata. L'idea di completare l'unione monetaria con la creazione di un governo economico europeo finirebbe in cantina fino a un futuro distante. Sarebbe più difficile anche approvare misure di solidarietà […]. I due fattori – debolezza economica e instabilità politica – si alimentano l'un l'altro e mettono in diretto collegamento gli equilibri nazionali con il voto europeo nel quale gli elettori sono motivati, secondo i sondaggi, dallo stato dell'economia e dal livello di disoccupazione. […]Poi, una volta terminata la campagna elettorale, i toni si abbasseranno. […] I Paesi più fragili saranno un poco più soli e dovranno far leva su se stessi per alimentare assieme lo sviluppo dell'economia e la credibilità della politica.» (La cattiva spirale dell'instabilità, di Carlo Bastasin,22 maggio 2014)

Lo scenario descritto  nell’articolo sembra essere davvero inquietante circa la possibilità da parte dell’Unione Europea di svilupparsi come una comunità politica. Si mette in evidenza il conflitto degli interessi tra paesi poveri e paesi ricchi. Ogni elemento di diversità sembra essere una determinante del conflitto europeo. La presenza di diverse culture economiche, di diverse tradizioni giuslavoristiche, di diverse concezioni di governance bancaria, di diverse pratiche di impresa sociale, e di modalità di esercizio del  mandato della rappresentanza politica sembrano essere un problema nell’Unione Europea. La diversità tra modelli economici all’interno dell’Unione Europea si esprime a livello etno-antropologico e linguistico. Tuttavia è la diversità delle culture economiche e politiche può essere una ricchezza politica per l’Unione Europea. Non vi sono notizie circa l’esistenza di altre comunità politiche caratterizzate da un tale livello di diversità etnoantropologica. Il rafforzamento delle caratteristiche culturali tipiche delle regioni europee è in parte anche una conseguenza del dibattito europeo. Se infatti l’Unione Europea non esistesse le singole aree geografiche rivendicatrici dell’identità culturale non riuscirebbero a coltivare la propria diversità e sarebbero forse più esposte al rischio di eterodirezione politica.  La presenza dell’Unione Europea ha fatto rinascere l’ideale della difesa delle identità regionali nell’Unione. L’attuale nazionalismo, o regionalismo identitario , trova uno dei suoi fondamentali pilastri nell’esistenza dell’Unione Europea. La presenza di una molteplicità di identità politiche è fondamentale per il dialogo politico. Il dialogo politico è una sorta di never ending positive sum game a payoff crescenti in ragione dell’eterogeneità delle identità politiche. La presenza di tale eterogeneità è requisito fondamentale per la costruzione delle politiche economiche europee. Il dialogo politico potrebbe condurre alla convergenza dei modelli economici verso la media europea. La convergenza può riguardare i modelli di politiche sociali. La convergenza può riguardare il reddito minimo di cittadinanza, l’economia dei sistemi scolastici, l’economia sanitaria, l’economia pubblica, l’economia dell’ambiente, l’economia delle imprese industriali, l’economia delle piccole imprese artigiane, l’economia dell’integrazione dei mercati europei.
La diversità delle identità politiche regionali è una ricchezza per l’unione europea. La diversità delle identità politiche è costitutiva delle istituzioni comunitarie. La diversità delle identità politiche nel dialogo politico può incrementare la convergenza verso il bene comune.
  







giovedì 15 maggio 2014

Lo stato come ente di mediazione territoriale tra capitale e lavoro


«[…] il contratto a termine a causale di durata triennale ha tolto dall'orizzonte l'idea del contratto unico a tutele graduate che […] sarebbe anch'esso di durata triennale. È evidente che qualsiasi impresa preferirà il contratto a tempo a qualsiasi altra forma di ingaggio […]. Il retropensiero è che il lavoro sia il "posto" da trascinare a vita […]  proteggendolo con gli ammortizzatori sociali, ordinari, straordinari e infine in deroga. […] Non è un Paese sano quello in cui un sistema esasperato di garanzie e di protezione sociale ritarda […] la modernizzazione e l'innovazione dell'impresa.[…] un ammortizzatore sociale universale[…]  fa pensare che il nuovo welfare renziano potrebbe aumentare […] i costi, allontanandosi […] dall'obiettivo di ridurre il cuneo fiscale. Il tema dei costi esploderà […] se sarà confermata l'idea di puntare […] e sul salario minimo sperimentale […] »  ( Alberto Orioli, Politiche per il lavoro non più per il posto Il sole 24 ore, 15 maggio 2014)

Le  politiche economiche del lavoro sono il punto di svolta di un governo nell’EU. La  Banca centrale europea si concentra solo sugli obbiettivi dell’inflazione. La Federal Reserve si concentra sull’inflazione e sulla disoccupazione. Il Governo italiano è in difficoltà. La politica fiscale del governo deve relazionarsi con la politica monetaria della BCE. La politica fiscale del governo italiano potrebbe trovare l’opposizione della BCE.

La flessibilizzazione dei contratti di lavoro rende il mercato del lavoro sensibile alle politiche monetarie della BCE. L’irrigidimento dei contratti di lavoro produce uno scollamento tra mercato del lavoro e politiche monetarie della BCE. Il governo italiano è indirizzato ad una via di mezzo tra flessibilizzazione e irrigidimento dei contratti di lavoro. La previsione di incentivi per i contratti a tempo rende il mercato del lavoro più reattivo alle politiche della Banca Centrale. L’esistenza di contratti a tempo consente alla Banca Centrale di operare nel mercato del lavoro attraverso il controllo del tasso di interesse misurato su obbiettivi anti-inflazionistici e anti-deflazionistici. L’esistenza di « […]ammortizzatori sociali, ordinari, straordinari e infine in deroga» così come il « salario minimo sperimentale» consentono di dare maggiori tutele al mercato del lavoro in caso di recessione.

Il Job Act è una risposta alla crisi economica e alla sconfitta delle politiche fiscali rispetto alle politiche monetarie. Il governo italiano può agire con una politica economica fiscale accomodante nei confronti della BCE. La politica fiscale del governo italiano è  “too weak to win” in caso di contrapposizione alle politiche della BCE. La politica fiscale accomodante nei confronti delle politiche monetarie della BCE ha maggiori probabilità di successo rispetto ad una politica di contrapposizione nei confronti delle politiche monetarie della BCE. Il Job Act è dunque il tentativo del governo di relazionarsi con le politiche monetarie della BCE.

Il lavoro è un fattore della crescita economica. La finanziarizzazione dell’economia persiste pure nella centralità del lavoro per la crescita economica. Il governo detiene il potere esecutivo dello Stato. Lo Stato si propone come mediatore territoriale tra capitale e lavoro.  Le politiche economiche del lavoro devono trovare un raccordo con  le politiche monetarie della BCE. In caso di mismatch tra politiche economiche fiscali e politiche economiche monetarie il governo deve procedere con un processo di organizational building a fondamento istituzionale per risolvere fallimenti di mercato.  Il costo delle organizzazioni a fondamento istituzionale può essere molto elevato. Tuttavia esso dovrebbe essere sostenuto da un  processo di crescita dell’efficienza del sistema tributario. La tassazione e la regolamentazione sono volte a sostenere organizzazioni a fondamento istituzionale volte al sostegno delle politiche del lavoro in caso di mismatch tra governo e banca centrale. Se quindi l’inflazione è bassa a sostegno degli investimenti,  l’efficienza del sistema tributario è a sostegno del lavoro. Maggiore l’efficienza delle politiche economiche monetarie a sostegno della  bassa inflazione maggiore l’efficienza del sistema tributario a sostegno del lavoro. Lo stato è ente di mediazione territoriale tra capitale e lavoro a mezzo della tassazione e regolamentazione.