Il
reddito di cittadinanza è sostenibile. Le motivazioni politiche e sociali
contro il reddito di cittadinanza fanno riferimento a due elementi
fondamentali: l’invidia sociale e la volontà di alcuni gruppi di vincere un
gioco a somma zero sulla finanza pubblica. La presenza di una politica
economica della redistribuzione fondata sul reddito di cittadinanza è in grado
di dare stabilità all’interno sistema economico. Le contrapposizioni verso il
reddito di cittadinanza sono del tutto strumentali e realizzate da una classe
dirigente sorda, cieca e muta rispetto alle difficoltà della popolazione a far
fronte anche alle necessità a volte minime che pure possono produrre delle
tragedie. Del resto la fine della società fondata sul lavoro fisso, come è
stata anche consacrata nella cultura di massa ha peggiorato la condizione di
tanti lavoratori e ha trasformato la precarietà in debolezza economica e, cosa
ancora più grave, in fragilità economica. In un contesto di globalizzazione, in
uno scenario macroeconomico, difficile la probabilità di trovare una stabilità
economica diventa sempre più lontana. La società è orientata ad una dimensione
spartana sotto il profilo economico: da un lato vi sono coloro che riescono a
realizzarsi con le professioni, le start up, le imprese; dall’altro lato vi
sono i falliti incapaci di acquistare beni primari ovvero avere una
alimentazione adeguata, una casa e del vestiario. L’incertezza economica
aumentare ancora di più le differenze esistenti tra i vincenti e i falliti. Il
fallimento nella società europea meridionale ha un significato diverso rispetto
al fallimento nelle società dell’Europa settentrionale o anglosassoni. Gli
anglosassoni hanno una visione dell’impegno civile, sociale, una cultura
fondata sulla necessità di arrivare al successo nella consapevolezza delle
difficoltà di percorso con un metodo che è in grado di trasformare i fallimenti
in vittoria. Gli europei meridionali hanno una visione diversa fondata su
principi ineluttabili: il fallimento è attribuito a cause sistemiche, al
destino, a forze di causa maggiore. La cultura dell’individualismo è carente
nella cultura dell’Europa meridionale. Manca del tutto la possibilità di
mettere a sistema l’individualismo con la cultura dell’etica della
responsabilità individuale, ovvero l’idea che i fallimenti sono prodotto anche
da motivazioni intrinseche dei singoli soggetti e che quindi attraverso un
processo di modificazione di abitudini, e culture, è possibile arrivare ad una
crescita e al successo. In un contesto di rifiuto delle responsabilità
individuali cresce anche l’odio nei confronti delle organizzazioni comunitarie,
sociali, statuali, politiche: ecco perché gli europei meridionali partecipano
sempre meno, in relazione alle popolazioni del Nord Europa e rispetto ai paesi
anglosassoni, a movimenti civici, civili, sociali. Il cambiamento culturale
dell’Europa mediterranea è un fenomeno epocale difficile da realizzare. Le
politiche economiche volte alla eliminazione della diseguaglianza, della
povertà, della debolezza e fragilità economica possono essere oggetto di una
valutazione anche di carattere analitico sulla base delle risorse disponibili
in un quadro di finanza pubblica e sulla base del prodotto interno lordo. Come
vedremo in questa breve analisi sommaria la presenza di risorse economiche e
finanziaria può sostenere il reddito minimo di cittadinanza, o, in generale una
misura di trasferimento monetario. Tuttavia occorre considerare prima gli
ostacoli maggiori a misure volte alla eliminazione della povertà: l’invidia
sociale e il gioco a somma zero sulle risorse pubbliche.
L’invidia sociale
L’invidia
sociale è un potente motore dell’azione dei gruppi e degli individui all’interno
del contesto politico economico e sociale. Gli economisti hanno dimostrato, con
varie pubblicazione, che gli individui sono interessanti al reddito in misura
relativa rispetto al reddito del vicino, del collega, del prossimo. Il reddito
assoluto ha una sua qualche rilevanza. Tuttavia i soggetti scatenano la loro
forza di riscossa sociale quando scoprono magari che i colleghi guadagnano
5-10% in più per mansioni simili, che taluni hanno avuto un incremento di
carriera in grado di aumentare il reddito anche marginale, che taluni anche vicini,
amici, e prossimi, conoscenti hanno accesso a benefits pure in presenza di responsabilità
di lavoro simili. Il fatto di scoprire che taluni guadagnano di più, anche
poco, in misura marginale, può scatenare delle forze organizzative sociale
enormi. Il lavoratore, il professionista, il manager prova una sensibilità
bassa nel sapere che in un’altra nazione, al top dell’azienda di un altro
settore, una persona poco nota ottiene un reddito superiore al proprio. Ma l’individuo
tende ad essere molto sensibile nel sapere che il proprio vicino di casa ha una
macchina più grossa, una televisione migliore, una moglie migliore, un standing
sociale migliore. Anche gli aspetti estetici giocano un qualche ruolo nell’invidia
sociale. Ora poiché molti hanno fatto molta fatica a trovare affermazione nella
vita, cosa per alcuni versi giusta e per altri da compatire, potrebbero essere
davvero contrari nel vedere il proprio vicino dotato di un reddito di
cittadinanza perché magari ha perso il lavoro, come sussidio agli studi, o
perché ha una famiglia numerosa, o perché ha deciso di rimettersi in gioco con
una attività che darà i suoi frutti nel futuro. L’invidia sociale porta le
persone ad essere contrari e a sostenere l’idea della “selezione economica
della razza” ovvero una forma di “Nazismo economico” fondato sull’idea che se
nella vita sei un fallito devi essere rimosso dalla società. L’eugenetica
economica produce mostri simili all’eugenetica biologica con degli effetti
sociali devastanti. L’invidia sociale è un elemento difficile da modificare. L’invidia
sociale è presente e abbastanza pertinace. Il superamento dell’invidia sociale,
o meglio la sua soppressione, può avvenire attraverso politiche economiche in grado
di realizzare delle nuove attività. Il problema è che l’invidia sociale la
provano anche i ricchi e questo porta ad un incremento inevitabile della
diseguaglianza.
Il
gioco a somma zero sulle risorse dello Stato
Il gioco a
somma zero sulle risorse dello Stato è realizzato da diversi partiti, gruppi
informali, e gruppi di pressione. La gestione dei contributi pubblici è sempre
oggetto di una fortissima operazione di lobbying. I poveri sono tanti in
Italia, come dimostrato dallo studio di D’Emilione, Giuliano e Mandrone. Tuttavia una caratteristica della povertà è
che porta i poveri ad essere sempre più isolati, a vivere in condizioni anche
sanitarie difficile, a soffrire per il deperimento delle reti sociali. La
possibilità per i poveri di realizzare una attività di lobbying nei confronti
della burocrazia e della politica per poter ottenere delle risorse economiche e
finanziarie è molto bassa. I poveri scontano a livello politico e sociale il
prezzo più alto della povertà. Inoltre i partiti e i gruppi politici da sempre
interessati a difendere i poveri hanno mancato le promesse, gli obbiettivi e le
politiche. I sindacati e la sinistra hanno centrato la propria azione politica
sulla difesa del lavoratore. Il lavoratore è stato borghesizzato dalla classe
dirigente e quindi il sindacato e la sinistra hanno perso la capacità di essere
rappresentativi oltre ad aver perso anche il proprio elettorato. I poveri oggi
sono senza lavoro, svolgono dei lavori mal pagati, ma retribuiti sono precari e
hanno necessità anche di ottenere delle risorse economiche aggiuntive. I
poveri, in una definizione che mette insieme sia i soggetti deboli che i soggetti
fragili sotto il punto di vista economico, il vero riferimento dei partiti di
sinistra, di centro ispirati dalla dottrina sociale della chiesa, e della
destra nazionalista sociale. La jobless society potrebbe vedere crescere il
novero dei soggetti privi di lavoro o in condizioni di lavoro precarie. Una
politica economica fondata sul trasferimento anche monetario nei confronti dei
soggetti deboli a livello economico può anche scongiurare forme di estremismo
politico a forte base sociale.
I
dati
Il
valore dei poveri è molto alto in Italia. Si stima che circa 20 milioni di
persone potrebbero avere difficoltà ad affrontare delle spese di ammontare
modesto. Ma quanto costerebbe il reddito di cittadinanza ?
Immaginiamo
che il Governo decida di dare un contributo pari a 1.000,00 euro per 12
mensilità a 5 milioni di cittadini italiani. Il valore sarebbe pari a circa 36
miliardi di euro. Secondo quanto previsto dalla Ragioneria Generale dello Stato
il valore delle spese totali come media del criterio per competenza e del
criterio per cassa è pari a €
808.492.000.000,00. Immaginando che i 5 milioni di soggetti destinatari
dell’assegno decidano di spendere il 75% del contributo in consumi essi
realizzerebbero un valore annuale di consumi pari a 27 miliardi e porterebbero
ad un aumento del PIL pari a 1,67%. Se inoltre supponimoa che i 27 miliardi
vengono investiti in beni sottoposti ad un prelievo Iva del 22% , il consumo
produrrebbe una crescita del gettito IVA pari a 5,9 miliardi di euro con una
crescita pari al 6,35%. Il 25% del contributo ottenuto dai cinque milioni di
cittadini sarebbe destinato al risparmio per un valore complessivo di 9
miliardi di euro.
Tuttavia taluni potrebbero obbiettare che
dare un contributo di 600 euro a 5 milioni di persone potrebbe essere
insufficiente che in realtà sarebbe meglio aiutare con contributi considerevoli
i soggetti sottoposti ad un regime di povertà ancora più stringente. Allora
immaginiamo che il Governo accolga la proposta dei puristi dell’aiuto ai poveri
e che stabilisca un assegno di 1.000,00 euro al mese per dodici mensilità per 3
milioni di persone per un valore complessivo di 36 miliardi di euro. Cosa
cambia nell’economia ? Se immaginiamo che i 3 milioni di destinatari spendano
il 75% del reddito per acquistare beni allora i consumi aumenteranno di 27
miliardi di euro, con un crescita del Pil pari a 1,67%, un aumento del
risparmio pari a 9 miliardi di euro, un aumento delle entrate derivanti dall’Iva
pari a 5,9 miliardi ovvero pari al 6,35%.
In realtà si potrebbe obbiettare che questi
sono conti semplici, banali. In effetti un po’ lo sono. L’effetto sull’economia
di un assegno di trasferimento monetario rivolto a 5 milioni di persone, o a 3,
nel caso ristretto, è in realtà superiore a quanto descritto. Vi sono una serie
di beni che aumentano valore: il capitale umano, il capitale sociale,
relazionale, la salute degli individui e la tenuta delle istituzioni. Una società
senza posto fisso è possibile con contributi e trasferimenti quasi-fissi.
I dati del Pil sono presi dall’Eurostat, i
dati della finanza pubblica dal sito della Ragioneria generale dello Stato.
AMMONTARE TRASFERIMENTO
INDIVIDUALE
|
MENSILITA'
|
PERSONE
|
TOTALE
|
€ 600,00
|
12
|
5.000.000
|
€ 36.000.000.000,00
|
€ 1.000,00
|
12
|
3.000.000
|
€ 36.000.000.000,00
|
PERCENTUALE IN CONSUMO 75%
|
€ 27.000.000.000,00
|
PIL ITALIA
|
€ 1.613.859.100.000,00
|
AUMENTO PIL IN PERCENTUALE
|
1,6730085
|
AUMENTO RISPARMIO
|
€ 9.000.000.000,00
|
AUMENTO IVA
|
€ 5.940.000.000,00
|
AUMENTO DELLE ENTRATE DELL'IVA
IN PERCENTUALE
|
6,35
|