“[…] aprire un serio dibattito sulla distinzione fra l’interesse dell’impresa in sé e quello dei soci, e sul ruolo in materia del consiglio di amministrazione; […] discernere con cura fra i due e, oltre certe dimensioni il ruolo dell’impresa nella società richiede di privilegiare il primo.” (Salvatore Bragantini)
Il ruolo del consiglio di amministrazione, del management,
degli azionisti rispetto all’interesse dell’impresa deve essere analizzato
sulla base delle relazioni esistenti tra gli organi istituzionali preposti con
riferimento agli obbiettivi statutari dell’azienda. Le imprese sono delle
realtà complesse. L’approccio della shareholder value è in grado di
funzionalizzare l’interesse dell’impresa verso l’incremento del valore degli
azionisti. Tuttavia la “reductio ad unicum” realizzata attraverso la
shareholder value maximization tiene in considerazione l’interesse degli
azionisti intesi come unico main stakeholder ovvero come stakeholder egemonico
portatore di interesse. L’interesse dell’impresa in astratto è difficile da
individuare. La definizione di un interesse in astratto dell’impresa può
portare a forme meta-aziendali, di identificazione di una meta-identità dell’impresa
di là da venire, una sorta di destino ineluttabile dell’organizzazione
produttiva. L’impresa, per quanto sia mossa anche da motivazioni di carattere
in un certo senso poetico e meta-storico, permane in una dimensione della
realtà. La realtà è il campo di azione dell’impresa. L’impresa è una forma di
organizzazione economica in grado di modificare la struttura dell’ambiente
culturale, politico, legislativo, sociale. L’attività dell’impresa è svolta
nella dimensione reale. I rapporti e le relazioni posti in essere dall’impresa
sono reali e vanno considerati per il significato anche immediato rispetto alla
progettazione dei piani produttivi aziendali.
Il
tenue conflitto tra Cda e azionisti
La relazione tra management e azionisti tende ad essere
orientata ad un tenue conflitto. Il cda è indicato dall’assemblea degli
azionisti. Gli azionisti sono organizzati in sindacati, in gruppi, esprimenti
diversi interessi. Gli investitori di una big company sono diversificati. L’idea
di considerare gli azionisti come un unico gruppo mono-interessato contrasta
con la composizione dei gruppi all’interno dell’assemblea degli azionisti. Gli
azionisti appartengono a diversi gruppi di riferimento. La probabilità di
trovare un unico elemento per creare unità nella compagine azionaria
diversificata è bassa. L’idea di allineare l’interesse degli azionisti
attraverso la massimizzazione del valore degli azionisti trova opposizione nei
piani degli azionisti. Gli azionisti delle grandi aziende quotate sono in
genere aziende operanti nello stesso settore dell’impresa partecipata o in
settori differenti perseguenti un obbiettivo di diversificazione. Se gli
azionisti sono rappresentanti di imprese operanti nello stesso settore allora
essi possono opporsi alla realizzazione di scalate, di fusioni, di acquisizioni
per rimanere nel potere di mercato dell’azienda originaria. In questo caso la
massimizzazione del valore all’azionista serve a poco, per non dire a nulla. Se
invece l’azionista ha investo per realizzare una diversificazione rispetto al
proprio business principale allora la massimizzazione del valore dell’azionista
può avere una qualche presa: l’azionista diversificante l’investimento può
valutare il ritorno di valore sull’azione interessante in confronto al valore
investito nel core business.
Se
l’azionista è una SPA realizzante investimento in una SPA concorrente.
L’azionista può investire in una spa nello stesso settore di
riferimento. Per esempio una impresa farmaceutica può investire in una impresa
farmaceutica, una banca in un’altra banca, etc. Una impresa farmaceutica a
volte investe in un’altra impresa farmaceutica con una funzione strategica:
sottrarre l’investimento medesimo ad un concorrente e migliorare la posizione
rispetto ad una successiva potenziale opportunità di maggiore controllo
societario volta all’acquisizione di maggiore potere di mercato. L’investimento
può essere privo delle funzioni di controllo, di management e può essere
realizzato anche in misura minoritaria.
In questo caso la presenza di una fusione, la prospettiva della vendita
dell’azienda può essere valutata anche in senso negativo. Per esempio nel caso
di una impresa farmaceutica realizzante un investimento in una altra impresa
farmaceutica la notizia di una acquisizione può portare l’azionista a
considerare la condizione di mercato complessiva a seguito della fusione. Il
mercato potrebbe presentare un indice di concentrazione elevato e l’azionista
potrebbe valutare il compenso versato a titolo di shareholder value come avente
valore scarso rispetto alla perdita di mercato proveniente dalla riorganizzazione
aziendale. Nel caso di SPA realizzante un investimento in una SPA concorrente
lo shareholder value massimizzato deve essere analizzato in relazione al valore
del posizionamento di mercato dell’azionista a seguito del processo di
acquisizione o fusione.
Se l’azionista è un investitore interessato alla
diversificazione dell’investimento è probabile abbia maggiore attenzione alla
shareholder value maximization. In questo caso l’azionista è interessato ad una
dimensione monetaria del valore dell’azione. L’attività principale dell’azionista
è diversificata rispetto all’investimento azionario. L’ideologia della
massimizzazione dello shareholder value può incontrare il favore dell’azionista
in cerca di diversificazione.
Gli azionisti hanno una composizione diversificata. L’approccio
della shareholder value maximization e privo di consistenza già all’interno
della compagine degli azionisti. L’idea di uniformare gl io azionisti ad un
unico interesse appare privo di significato per la mancanza di una condizione
di allineamento sostanziale. Allineare gli azionisti ad un unico interesse
può essere difficile data la condizione
di partenza degli azionisti aventi diverse funzioni di utilità. La
massimizzazione del valore degli azionisti manca di identificare gli interessi
diversificati degli azionisti. Gli interessi diversificati degli azionisti
rispondenti a differenti funzioni di utilità possono essere ricomposti con un
approccio stakeholder applicato alla compagine azionaria.
Gli azionisti hanno diversi interessi. Gli interessi
diversificati degli azionisti possono essere ricomposti attraverso una
struttura di management volta alla stakeholder value. Un approccio stakeholder
all’interno della compagine azionaria può portare il cda a considerare il
complesso degli interessi rappresentati dagli azionisti.
Gli amministratori di una società possono essere interessati
ad ottimizzare il percorso di carriera individuale. Gli amministratori possono
guadagnare in potere personale, soldi, perks, benefits in caso di vendita dell’azienda
ad un competitore ed avere rassicurazioni sul ruolo futuro svolto. Gli
amministratori possono avere interessi a mettere in campo delle attività volte
alla vendita dell’azienda a detrimento dell’interesse dell’impresa. Il
controllo sugli amministratori può essere esercitato dalla compagine azionaria.
La varietà della tipologia degli interessi degli azionisti può portare ad un
controllo efficiente nei confronti degli amministratori. Gli amministratori
dell’impresa possono essere stati nominati da compagini azionarie diversificate.
La riduzione degli interessi dei partecipanti del Cda ad un unico interesse
mediato dalla shareholder value è priva di efficienza. I membri del Cda hanno
interessi diversificati. Gli interessi diversificati dei membri del Cda possono
essere ottimizzati con un approccio di tipo stakeholder.
L’approccio stakeholder può essere realizzato anche al di
fuori della compagine azionaria, con riferimento ai contratti posti in essere
dall’impresa per l’acquisto della forza lavoro, delle materie prime, per l’ottenimento
delle risorse finanziaria. Gli stakeholder aventi il ruolo di controparte
creditizia o debitoria nel rapporto negoziale con l’impresa possono essere
considerati come stakeholder qualificati o di primo livello. Gli stakeholder
possono avere anche un interesse generico rispetto alla gestione aziendale come
per esempio accade per i cittadini interessati ad avere imprese in grado di
rispettare le norme sul rispetto dell’ambiente oppure ai risparmiatori
interessati alla stabilità finanziaria del sistema bancario. Gli stakeholder
aventi un interesse legittimo nella gestione corretta dell’impresa possono
esercitare forme di pressione anche politica attraverso le istituzioni
pubbliche con interventi sia nella compagine azionaria, sia nel consiglio di
amministrazione.
L’impresa
come fascio di contratti.
L’interesse dell’impresa è la risultante di un complesso sistema
di relazioni interne, esterne e collaterali all’organizzazione produttiva. La
teoria istituzionalista dell’impresa descrive l’impresa come un fascio di
contratti. La convenienza a concludere un contratto all’interno dell’organizzazione
è maggiore della convenienza a concludere un contratto nel mercato. Tale
convenienza alla contrattazione interna all’impresa cresce con il crescere
della considerazione degli stakeholders da parte sia del consiglio di
amministrazione sia della compagine degli azionisti.
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