mercoledì 20 gennaio 2016

L’approccio stakeholder per la governance d’impresa



[…] aprire un serio dibattito sulla distinzione fra l’interesse dell’impresa in sé e quello dei soci, e sul ruolo in materia del consiglio di amministrazione; […] discernere con cura fra i due e, oltre certe dimensioni il ruolo dell’impresa nella società richiede di privilegiare il primo.” (Salvatore Bragantini

Il ruolo del consiglio di amministrazione, del management, degli azionisti rispetto all’interesse dell’impresa deve essere analizzato sulla base delle relazioni esistenti tra gli organi istituzionali preposti con riferimento agli obbiettivi statutari dell’azienda. Le imprese sono delle realtà complesse. L’approccio della shareholder value è in grado di funzionalizzare l’interesse dell’impresa verso l’incremento del valore degli azionisti. Tuttavia la “reductio ad unicum” realizzata attraverso la shareholder value maximization tiene in considerazione l’interesse degli azionisti intesi come unico main stakeholder ovvero come stakeholder egemonico portatore di interesse. L’interesse dell’impresa in astratto è difficile da individuare. La definizione di un interesse in astratto dell’impresa può portare a forme meta-aziendali, di identificazione di una meta-identità dell’impresa di là da venire, una sorta di destino ineluttabile dell’organizzazione produttiva. L’impresa, per quanto sia mossa anche da motivazioni di carattere in un certo senso poetico e meta-storico, permane in una dimensione della realtà. La realtà è il campo di azione dell’impresa. L’impresa è una forma di organizzazione economica in grado di modificare la struttura dell’ambiente culturale, politico, legislativo, sociale. L’attività dell’impresa è svolta nella dimensione reale. I rapporti e le relazioni posti in essere dall’impresa sono reali e vanno considerati per il significato anche immediato rispetto alla progettazione dei piani produttivi aziendali.
Il tenue conflitto tra Cda e azionisti
La relazione tra management e azionisti tende ad essere orientata ad un tenue conflitto. Il cda è indicato dall’assemblea degli azionisti. Gli azionisti sono organizzati in sindacati, in gruppi, esprimenti diversi interessi. Gli investitori di una big company sono diversificati. L’idea di considerare gli azionisti come un unico gruppo mono-interessato contrasta con la composizione dei gruppi all’interno dell’assemblea degli azionisti. Gli azionisti appartengono a diversi gruppi di riferimento. La probabilità di trovare un unico elemento per creare unità nella compagine azionaria diversificata è bassa. L’idea di allineare l’interesse degli azionisti attraverso la massimizzazione del valore degli azionisti trova opposizione nei piani degli azionisti. Gli azionisti delle grandi aziende quotate sono in genere aziende operanti nello stesso settore dell’impresa partecipata o in settori differenti perseguenti un obbiettivo di diversificazione. Se gli azionisti sono rappresentanti di imprese operanti nello stesso settore allora essi possono opporsi alla realizzazione di scalate, di fusioni, di acquisizioni per rimanere nel potere di mercato dell’azienda originaria. In questo caso la massimizzazione del valore all’azionista serve a poco, per non dire a nulla. Se invece l’azionista ha investo per realizzare una diversificazione rispetto al proprio business principale allora la massimizzazione del valore dell’azionista può avere una qualche presa: l’azionista diversificante l’investimento può valutare il ritorno di valore sull’azione interessante in confronto al valore investito nel core business.
Se l’azionista è una SPA realizzante investimento in una SPA concorrente.
L’azionista può investire in una spa nello stesso settore di riferimento. Per esempio una impresa farmaceutica può investire in una impresa farmaceutica, una banca in un’altra banca, etc. Una impresa farmaceutica a volte investe in un’altra impresa farmaceutica con una funzione strategica: sottrarre l’investimento medesimo ad un concorrente e migliorare la posizione rispetto ad una successiva potenziale opportunità di maggiore controllo societario volta all’acquisizione di maggiore potere di mercato. L’investimento può essere privo delle funzioni di controllo, di management e può essere realizzato anche in misura minoritaria.  In questo caso la presenza di una fusione, la prospettiva della vendita dell’azienda può essere valutata anche in senso negativo. Per esempio nel caso di una impresa farmaceutica realizzante un investimento in una altra impresa farmaceutica la notizia di una acquisizione può portare l’azionista a considerare la condizione di mercato complessiva a seguito della fusione. Il mercato potrebbe presentare un indice di concentrazione elevato e l’azionista potrebbe valutare il compenso versato a titolo di shareholder value come avente valore scarso rispetto alla perdita di mercato proveniente dalla riorganizzazione aziendale. Nel caso di SPA realizzante un investimento in una SPA concorrente lo shareholder value massimizzato deve essere analizzato in relazione al valore del posizionamento di mercato dell’azionista a seguito del processo di acquisizione o fusione.
 Se l’azionista è interessato alla diversificazione dell’investimento.
Se l’azionista è un investitore interessato alla diversificazione dell’investimento è probabile abbia maggiore attenzione alla shareholder value maximization. In questo caso l’azionista è interessato ad una dimensione monetaria del valore dell’azione. L’attività principale dell’azionista è diversificata rispetto all’investimento azionario. L’ideologia della massimizzazione dello shareholder value può incontrare il favore dell’azionista in cerca di diversificazione.
 La compagine degli azionisti è diversificata.
Gli azionisti hanno una composizione diversificata. L’approccio della shareholder value maximization e privo di consistenza già all’interno della compagine degli azionisti. L’idea di uniformare gl io azionisti ad un unico interesse appare privo di significato per la mancanza di una condizione di allineamento sostanziale. Allineare gli azionisti ad un unico interesse può  essere difficile data la condizione di partenza degli azionisti aventi diverse funzioni di utilità. La massimizzazione del valore degli azionisti manca di identificare gli interessi diversificati degli azionisti. Gli interessi diversificati degli azionisti rispondenti a differenti funzioni di utilità possono essere ricomposti con un approccio stakeholder applicato alla compagine azionaria.
 L’approccio stakeholder all’interno della compagine azionaria.
Gli azionisti hanno diversi interessi. Gli interessi diversificati degli azionisti possono essere ricomposti attraverso una struttura di management volta alla stakeholder value. Un approccio stakeholder all’interno della compagine azionaria può portare il cda a considerare il complesso degli interessi rappresentati dagli azionisti.
 Amministratori ottimizzanti il percorso di carriera.
Gli amministratori di una società possono essere interessati ad ottimizzare il percorso di carriera individuale. Gli amministratori possono guadagnare in potere personale, soldi, perks, benefits in caso di vendita dell’azienda ad un competitore ed avere rassicurazioni sul ruolo futuro svolto. Gli amministratori possono avere interessi a mettere in campo delle attività volte alla vendita dell’azienda a detrimento dell’interesse dell’impresa. Il controllo sugli amministratori può essere esercitato dalla compagine azionaria. La varietà della tipologia degli interessi degli azionisti può portare ad un controllo efficiente nei confronti degli amministratori. Gli amministratori dell’impresa possono essere stati nominati da compagini azionarie diversificate. La riduzione degli interessi dei partecipanti del Cda ad un unico interesse mediato dalla shareholder value è priva di efficienza. I membri del Cda hanno interessi diversificati. Gli interessi diversificati dei membri del Cda possono essere ottimizzati con un approccio di tipo stakeholder.
 L’approccio stakeholder al di fuori della compagine azionaria.
L’approccio stakeholder può essere realizzato anche al di fuori della compagine azionaria, con riferimento ai contratti posti in essere dall’impresa per l’acquisto della forza lavoro, delle materie prime, per l’ottenimento delle risorse finanziaria. Gli stakeholder aventi il ruolo di controparte creditizia o debitoria nel rapporto negoziale con l’impresa possono essere considerati come stakeholder qualificati o di primo livello. Gli stakeholder possono avere anche un interesse generico rispetto alla gestione aziendale come per esempio accade per i cittadini interessati ad avere imprese in grado di rispettare le norme sul rispetto dell’ambiente oppure ai risparmiatori interessati alla stabilità finanziaria del sistema bancario. Gli stakeholder aventi un interesse legittimo nella gestione corretta dell’impresa possono esercitare forme di pressione anche politica attraverso le istituzioni pubbliche con interventi sia nella compagine azionaria, sia nel consiglio di amministrazione.
L’impresa come fascio di contratti.
L’interesse dell’impresa è la risultante di un complesso sistema di relazioni interne, esterne e collaterali all’organizzazione produttiva. La teoria istituzionalista dell’impresa descrive l’impresa come un fascio di contratti. La convenienza a concludere un contratto all’interno dell’organizzazione è maggiore della convenienza a concludere un contratto nel mercato. Tale convenienza alla contrattazione interna all’impresa cresce con il crescere della considerazione degli stakeholders da parte sia del consiglio di amministrazione sia della compagine degli azionisti. 

Nessun commento:

Posta un commento