sabato 18 ottobre 2014

La regolamentazione è solo una parte della politica economica


 
 
 
Il mito della regolamentazione finanziaria davvero un elemento difficile da eleminare. Molti non si rendono conto che la regolamentazione finanziaria è pre-esistente rispetto allo stato e che probabilmente la finanza resisterà anche alla fine degli stati nell’evoluzione della globalizzazione. Possiamo dire che in effetti non esiste alcuna possibilità, almeno nella condizione attuale di “bloccare” la finanza da parte dei governi e dei parlamenti. Tuttavia una qualche attività di coordinamento tra regolamentazione finanziaria e politiche economiche può essere realizzata.

In modo particolare possiamo dire che l’esistenza di una serie di architetture di carattere finanziario che tenta di regolamentare il settore è più il riconoscimento di uno status quo che un vero e proprio ente di regolamentazione. Del resto la finanza produce fattispecie sempre nuove che è difficile sottoporre alla valutazione del mercato in termini di rischio ed anche alla regolamentazione dello Stato in termine di legittimità. Quando scoppiano le crisi finanziarie sono in genere gli enti di regolamentazione ad intervenire. Ma è difficile che l’intervento degli enti di regolamentazione sia previsionale, ovvero che essi intervengano prima del raggiungimento di un certo di tipo di risultato in termini di rischio. Gli enti di regolamentazioni sono enti che agiscono ex-post. Tuttavia la questione della regolamentazione “prudenziale” ovvero della introduzione di una politica economica e finanziaria prudenziale potrebbe avere senso se si applicasse non solo agli enti di regolamentazione ma anche alle banche centrali e ai governi nazionali. In effetti la regolamentazione è solo una parte della politica economica finanziaria. La regolamentazione è la parte “Law” della ”Law and Finance”. Poi c’è la parte finanziaria vera e proprio che dipende in modo strutturale  dal valore della moneta, dal tasso di interesse e anche dagli aspetti di carattere fiscale che possono influenzare i redditi delle persone e delle società, così come anche la propensione al risparmio al consumo e all’investimento.  La regolamentazione ha un valore di carattere conservativo. Quando un ente finanziario viene regolamentato si determina il suo riconoscimento nel novero delle attività  rilevanti. La politica economica, quando agisce attraverso il cambiamento del valore della moneta o delle tasse ha invece un significato di carattere anche previsionale perché può premiare comportamenti virtuosi attraverso l’utilizzo di incentivi monetari o fiscali immediati e diretti. L’aspetto normativo della regolamentazione finanziaria, che deve essere espanso a ricomprendere anche le borse valori , deve essere accompagnata all’aspetto quantitativo della regolamentazione finanziaria.  Una politica di coordinamento tra le maggiori banche centrali sui tassi  di interesse attraverso la determinazione anche di una leadership chiara a livello internazionale sui mercato valutari e del debito pubblico, un maggiore coordinamento fiscale sulla tassazione del reddito, dei risparmi e degli investimenti, possono aiutare a prevenire le crisi oltre a gestire l’esistente.


Il processo di novazione istituzionale è un never endig game che tuttavia deve essere non solo di carattere normativo ma anche di carattere economico attraverso l’utilizzo di premi per i comportamenti virtuosi.
 
 

 

giovedì 2 ottobre 2014

Per un sistema bancario più integrato in Europa

« Con l'euro la Germania ha sempre avuto un'inflazione più bassa degli altri Stati e nessuno spread dato che lo spread è sul Bund. […] il manifatturiero tedesco paga meno interessi e si vende a prezzi più competitivi. […] A fine 2011-inizio 2012 con i prestiti agevolati Ltro le banche dell'Eurozona hanno onorato i debiti con la Germania e trasferito in Bce i rischi del sistema bancario tedesco. […] Il rallentamento dell'estate della Germania trova giustificazione in queste dinamiche. I Paesi periferici dell'area euro non possono più indebitarsi per comprare prodotti tedeschi; in Italia si parla di 6 milioni di poveri. […] Un primo segnale è stato dato: l'euro non può continuare a essere germano-centrico. Va affrontato il tema del debito pubblico. […] Si potrebbe partire azzerando, come fa la Fed, il pagamento degli interessi sui 300 miliardi di titoli governativi dell'area euro detenuti dalla Bce, liberando una decina di miliardi l'anno per investimenti […]Germania grazie al flight-to-quality sui Bund e ai tassi negativi da anni è l'unico Stato che rifinanzia il proprio debito praticamente a costo zero.» (M.Minenna, il modello Fed per abbattere il debito UE)
L’economia europea si caratterizza per la sua eterogeneità. Tuttavia è pure necessario sottolineare che l’Europa è unita sotto il punto di vista monetario. Il dibattito sul debito pubblico dei paesi europei è un dibattito comprensibile. In effetti tra i vari paesi europei vi è diversità nelle politiche di bilancio, nelle priorità della spesa pubblica, nella difesa di talune categorie di soggetti economici piuttosto che di altri. Tuttavia sotto il punto di vista monetario l’Europa è unita. La presenza dell’euro è una manifestazione evidente dell’unità europea. La Banca Centrale Europea è l’ulteriore manifestazione di questa unità. In modo particolare possiamo dire che la banca centrale europea è una banca costituta da banche e quindi ne deriva che in questo senso le singole componenti della banca centrale devono essere poste in condizione di dialogo e di solidarietà. I risparmiatori tedeschi valgono quanto i risparmiatori greci, e degli altri paesi dell’Unione. Per questa ragione è necessario considerare che il processo di unificazione dell’Unione Europea deve spingere di più l’acceleratore sull’integrazione bancaria. Può sembrare paradossale porre la questione dell’unità del sistema bancario europeo piuttosto che quella della unità della politica fiscale di bilancio dei singoli statti. Tuttavia è chiaro che senza la prima non si potrà giungere alla seconda. La politica monetaria ha la capacità di agire in modo più veloce ed efficiente rispetto alle politiche fiscali. Per questa ragione per potere avere una politica economica comune dell’Unione europea è necessario unificare e integrare il sistema bancario. La banca centrale europea opera attraverso la predisposizione del tasso di interesse governato dalla offerta e dalla domanda di moneta. La crescita dell’integrazione del sistema bancario europeo può consentire di aumentare l’efficacia delle politiche monetarie siano esse espansive o restrittive. Si può ragionare sulla necessità di prevedere una sorta di “livello di eterogeneità” ovvero un livello di “libertà delle banche” rispetto all’integrazione nel sistema bancario europeo. Tuttavia questo livello deve essere tale da consentire alle politiche monetari di potere esprimere i propri effetti pieni attraverso le modificazioni del tasso di interesse che siano dovute a  politiche monetarie restrittive o espansive in tutta l’area euro. Occorre ridurre il differenziale del costo del credito tra i paesi europei. E’ possibile accettare un margine di oscillazione del costo del credito. Tuttavia si deve trattare di un margine di oscillazione basso affinché la Bce possa fare in modo di propagare gli effetti sulle sue politiche monetarie in tutta l’Unione europea. I politici e gli imprenditori, i sindacalisti e i gruppi di interesse danno per scontato che l’Europa è unita e integrata sotto il punto di vista bancario. Essi usano molto spesso l’espressione “l’Europa dei banchieri” oppure “l’Europa dei burocrati”. Tuttavia essi non si rendono conto che l’Europa è divisa proprio sotto il punto di vista bancario. La diversità dei tassi di interessi praticati, la diversità del costo del denaro,  sono gli spread da abbattere attraverso una maggiore integrazione bancaria europea. Occorre rimuovere gli ostacoli che impediscono alle politiche monetarie della banca centrale di manifestarsi in tutto il sistema bancario. Combattere per l’integrazione bancaria per una Europa unita nelle opportunità.


Il tasso di interesse di lungo periodo del mese di luglio 2014 per alcuni paesi dell'area Euro. Fonte. OCSE http://stats.oecd.org/index.aspx?querytype=view&queryname=86#