mercoledì 3 febbraio 2016

Politiche economiche contro la povertà


Il governo ha adottato delle misure contro la povertà. Le politiche economiche contro la povertà sembrano prive dell’efficienza necessaria a produrre un qualche risultato nel novero delle persone colpite dalla povertà. L’Istat ha pubblicato nel 2015 i dati relativi alla povertà. Gli obbiettivi fissati dal governo sono parziali rispetto al complesso delle famiglie e delle persone in stato di condizione di povertà assoluta e relativa. Combattere la povertà significa agire attraverso le istituzioni per favorire un cambiamento radicale nella vita dei poveri. I modelli della crescita economica hanno messo in evidenza la necessità di puntare su tre elementi: capitale, tecnologia e lavoro.
Il capitale necessario a produrre il riscatto della popolazione italiana in condizione di povertà deve provenire dallo Stato anche attraverso forme nuove. Il capitale investito dallo Stato deve riguardare sia dei trasferimenti diretti monetari, sia interventi di tipo strutturale volti alla creazione di nuove strutture di case popolari, l’eliminazione delle periferie attraverso un processo di disegno urbanistico volto alla creazione di nuovi centri operativi, la creazione di infrastrutture fisiche del trasporto e della viabilità, l’investimento nelle scuole e nelle università. Il progetto dello Stato volto a creare una dotazione di capitale posto a disposizione per facilitare l’accesso dei poveri ad una vita dignitosa passa attraverso sia una politica finanziaria immediata sia attraverso progetti di lungo periodo in grado di mobilitare l’economia nel suo complesso soprattutto nel settore delle costruzioni e dei servizi resi alla cittadinanza dalla pubblica amministrazione con particolare attenzione alla scuola, alla giustizia, alla presenza delle forze dell’ordine, alla sanità e alla cultura. Nell’economia globale la classe dirigente è internazionale. L’accesso alla globalizzazione è negato ai poveri. I poveri hanno bisogno di Stato. I beni pubblici sono necessari all’emancipazione dei poveri. L’emancipazione dei poveri può portare consenso rispetto allo sviluppo della globalizzazione. Lo Stato può emancipare i poveri attraverso politiche economiche volte alla produzione di beni pubblici. La sensibilità dei poveri al tema della tassazione è bassa. I poveri sono privi di reddito. L’obbligo fiscale dei poveri è nullo. I poveri potrebbero essere disponibili ad una riduzione della tassazione sul reddito in cambio di trasferimenti monetari e beni pubblici. La classe dirigente italiana può avere nell’emancipazione dei poveri una spinta propulsiva all’ottenimento di una riduzione delle imposte sul reddito. I policy makers, l’amministrazione delo Stato, possono essere un corpo intermedio in grado di produrre l’emancipazione dei poveri con l’offerta di beni e servizi pubblici, e l’alleggerimento del carico fiscale sulla classe dirigente per cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione.

La tecnologia per cambiare la vita dei poveri è tradotta nell’importanza della formazione anche professionale. I poveri hanno una formazione ridotta. La relazione tra povertà e formazione e povertà è negativa. I poveri possono aumentare il reddito attraverso la formazione. Lo Stato  può creare degli incentivi per porre i poveri nella condizione di apprendere con percorsi di formazione. Gli incentivi possono essere monetari. I poveri possono essere sostenuti per l’accesso all’istruzione. Il processo di accumulazione delle conoscenze dei poveri tende ad essere basso. La creazione di enti ad hoc per la rimozione del gap dell’istruzione all’interno della società può dare ai poveri delle chances per crescere come cittadini attivi nella vita politica, culturale e sociale. Rimettere in campo 8 milioni di persone tese ad accrescere il livello di conoscenza significa modificare la struttura sociale orientata alla crescita economica. I processi formativi possono portare anche ad una crescita delle conoscenze relative all’informatizzazione, alla cultura d’impresa, e alla conoscenza delle lingue straniere per dare opportunità reali di azione. Gli immigrati rientrano nella categoria dei poveri. La lotta alla povertà è anche una lotta alla discriminazione. Lo Stato italiano ha avuto un grande successo nell’organizzare la scuola primaria e secondaria. Il successo delle organizzazioni statali nel processo di formazione può portare a ridurre in modo strutturale la povertà
Il lavoro può essere realizzato attraverso forme di organizzazione sociale dell’offerta. Lo Stato può creare delle istituzioni ad hoc volte ad incrementare l’offerta di lavoro e aumentare la formazione delle imprese. Il settore delle imprese artigiane può essere ripopolato grazie alla formazione dei poveri al lavoro. Le imprese artigiane hanno perso competitività a seguito della globalizzazione. Alcune imprese hanno internazionalizzato la produzione. Le imprese artigiane hanno chiuso in gran parte. L’inserimento dei poveri in un contesto formativo a carattere professionale-artigianale può incrementare le opportunità di sviluppo dell’economia nel suo complesso.

I dati
Secondo i dati sviluppati dall’Istat il numero delle famiglie in povertà assoluta nel Nord è stato pari a 514.592,00 nel Nord, pari a 251.110,00 nel Centro e pari a 703.915,00 nel sud Italia. In totale in Italia nel 2014 il numero di famiglie povere è stato pari a 1.469.617,00. Il costo dell’aiuto alle famiglie povere in termini di trasferimenti monetario è una misura percentuale del PIL bassa. Il policy maker potrebbe investire in un contributo pari a 2.000 euro a famiglia con un costo pari a € 1.029.184.000,00 nel Nord, pari a 502.220.000,00 euro nel Centro e pari a €  1.407.830.000,00 nel Sud. La spesa complessiva sarebbe pari a €  2.939.234.000,00. L’ammontare della spesa in termini di Prodotto Interno Lordo sarebbe pari allo 0,18%.

I servizi alle famiglie povere
Il trasferimento monetario deve essere accompagnato da una serie di servizi volti ad incrementare la presenza di beni pubblici: l’istruzione, la sanità, la cultura. Le politiche economiche a sostegno dei poveri possono portare ad una crescita della manifestazione dei diritti fruibili per i cittadini con effetti positivi sulla benessere pubblico e sulla felicità pubblica. Gli economisti hanno messo in evidenza l’importanza di alcuni beni immateriali e sociali per la produzione della crescita economica: il valore del capitale umano, il capitale sociale, il capitale relazionale. La produzione dei beni pubblici a carattere sociale richiede la partecipazione attiva della popolazione. L’ingresso della popolazione povera nella dinamica sociale può portare ad una mobilitazione complessiva dell’economia e all’incremento della capacità reattiva dei cittadini.





NUMERO FAMIGLIE POVERE
CONTRIBUTO € 2000,00 A FAMIGLIA
IN TERMINI DI PIL
NORD
514592,00
 €                             1.029.184.000,00
0,06
CENTRO
251110,00
 €                                502.220.000,00
0,03
SUD
703915,00
 €                             1.407.830.000,00
0,09
ITALIA
1469617,00
 €                             2.939.234.000,00
0,18

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