«Una
manovra fiscale limitata al 2014, quale quella che va emergendo dalle bozze del
decreto oggi all'esame del governo, rischia di non garantire strutturalità
all'intervento sull'Irpef, ponendo al tempo stesso in primo piano il problema
delle coperture, che non possono che essere certe e strutturali, proiettate su
un orizzonte almeno triennale. […]L'interrogativo,
peraltro sollecitato dalle valutazioni della Banca d'Italia, è così
sintetizzato: al momento pare arduo assicurare che i proventi della revisione
della spesa riescano a finanziare nell'ordine lo sgravio dell'Irpef, evitare
l'aumento delle entrate e coprire gli esborsi «connessi con programmi non
inclusi a legislazione vigente». Bruxelles, a quel che si può prevedere,
prenderà atto della decisione del governo, autorizzata dal Parlamento, di
deviare temporalmente dall'obiettivo di medio termine, in sostanza il pareggio
di bilancio. Potrà eccepire sul mancato rispetto dell'impegno a ridurre il
deficit strutturale di almeno lo 0,5% (quest'anno ci fermeremo allo 0,2%), ma
difficilmente opporrà strenue resistenze se il governo riuscirà a dimostrare
con i fatti che è effettivamente in grado di spingere sul pedale
dell'incremento della crescita potenziale dell'economia, grazie a riforme
strutturali non solo annunciate ma realizzate.» (All'economia servono misure strutturali di Dino Pesole, IlSole 24 ore, 18 aprile 2014)
Nell’articolo si fa riferimento alla
difficoltà di realizzare delle riforme strutturali sull’Irpef. Su questo punto di vista è necessario
sottolineare che l’impatto della crescita del reddito disponibile per i
consumatori può dare origine ad una risposta in termini di crescita dei consumi
o di crescita del risparmio. Tuttavia è necessario considerare che la riduzione
dell’Irpef fa parte di un progetto di riduzione congiunta delle tasse e della
spesa pubblica guidata dall’Ue e promozionata da diversi partiti politici
compreso il partito del presidente del Consiglio. La tassazione è infatti
legata al reddito prodotto. La tassazione tende ad essere una politica
economica di breve periodo. Tuttavia l’orientamento shortemista della politica
economica è da considerarsi come un elemento di maggiore capacità performativa
del Governo. In un contesto economico caratterizzato da shortemista soprattutto
sui mercati finanziari è importante riconoscere anche al governo la possibilità
di operare nel breve periodo. Il governo è stato infatti esautorato dalla
possibilità di operare nel breve periodo. Il breve periodo è stato assegnato
alle politiche economiche monetaria della Banca Centrale e ai mercati
finanziari. L’impossibilità da parte del governo di realizzare delle politiche
economiche shortemiste è una delle cause della crisi economica. Lo
sbilanciamento dell’economia verso i mercati finanziari e le politiche delle
banche centrali trova una sua motivazione nella incapacità del governo di realizzare
delle politiche di breve periodo. E’ importante in questo senso considerare che
la politica economica del Governo è del resto inserita all’interno di un
progetto strutturale di riduzione della inefficienza dello Stato promosso dall’UE.
Bene quindi la possibilità per il
governo di “giocare” corto. Soprattutto se alle politiche short si accompagna una
comunicazione politica semplice capace di fare arrivare i contenuti dei
provvedimenti di politica economica fiscale ai cittadini. In realtà i
sostenitori del “primato della politica sull’economia” dovrebbero cercare di
incrementare la strumentazione del governo volta alla realizzazione di
politiche shortemiste. Il governo deve
essere presente nella contemporaneità dello svolgimento dell’azione economica. L’attribuzione
dell’’attività della pianificazione economica all’ Ue rafforza la possibilità
del governo di realizzare delle politiche economiche shortemiste.
La decisione da parte di Bruxelles di accettare il mancato
raggiungimento dell’obbiettivo di medio periodo è una maggiore dimostrazione
del riconoscimento della Ue verso i governi di realizzare delle politiche
economiche di breve periodo. L’Ue si riserva di aggiungere alla programmazione economica
la fase del coordinamento tra le varie politiche economiche realizzate a
livello nazionale. Maggiore la possibilità da parte dell’UE di realizzare
pianificazione e coordinamento tra le politiche fiscale, maggiore la capacità
dei governi di realizzare delle politiche economiche fiscali shortermiste
capaci di “contrastare” le politiche economiche monetarie poste in essere dalla
Banca centrale e gli attacchi dei mercati finanziari.
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