domenica 11 giugno 2017

La società senza lavoro produce uno stato senza risorse

La crescita dei salari dipende soprattutto da due fattori: le aspettative inflazionistiche e le condizioni del mercato del lavoro. Draghi ha osservato che entrambi i fattori hanno un comportamento «non normale»: le aspettative appaiono ancora rigide verso il basso, come se gli operatori non avessero ancora incorporato la fine del rischio deflazione. Allo stesso tempo, la relazione tra andamento dell’occupazione ed andamento dei salari è ancora molto debole: la crescita dei secondi è molto meno che proporzionale rispetto alla dinamica degli occupati, anche perché è forse la natura della nuova occupazione – meno stabile e meno qualificata – ad essere diversa. Quindi occorre aspettare!” (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-06-09/tre-buoni-motivi-essere-pazienti-072546.shtml?uuid=AEUDBJbB)

Le proposizioni di Masciandaro sono in realtà deboli per quanto riguarda la questione dell’inflazione. Una economia avente un limite inflazionistico superiore pari al 2% vive nel rischio continuativo di una crisi deflattiva. La deflazione è un rischio reale in caso di limite prossimo allo zero. L’unica possibilità di abbandonare il rischio deflattivo è eliminare il limite superiore del 2%. La fase nuova dell’Eurozona può prevedere degli interventi di politica monetaria in grado di consentire all’inflazione di oscillare entro una banda di valori contenuti anche se superiori al 2%.
Le rigidità sul mercato del lavoro sembrano essere difficili da modificare. Gli statunitensi hanno accusato gli europei di eccesso di protezione del lavoro. Gli europei hanno seguito l’orientamento degli statunitensi e hanno ridotto le tutele per il lavoro. Il risultato è nella crescita della precarietà, nella riduzione del ruolo dell’assistenza e della previdenza sociale, nella compressione del welfare state. La rinuncia da parte degli europei ad una tutela del lavoro ha comportato anche un profilo fiscale significativo. La scelta da parte degli stati di aumentare l’Iva rispetto alla tassazione sul reddito è collegata alla riduzione del ruolo del lavoro nel contesto della produzione del valore aggiunto.
Il lavoro è sottoposto ad una serie di pressioni di carattere normativo, tecnologico, ed anche politico con un impatto sulla tenuta comunitaria. Il venire meno del welfare state comporta anche una riduzione del ruolo della normativa sul lavoro. Il lavoro è stato considerato come uno strumento di elevazione culturale. Tuttavia esso risulta essere privo della capacità di creare le condizioni economiche per consentire agli individui di procedere nell’acquisizione degli elementi fondamentali per la famiglia: una casa, una istruzione adeguata per i figli, la partecipazione ad una classe sociale medio-borghese. La scomparsa del lavoro come strumento di elevazione sociale può avere un impatto sulla produttività. La riduzione del numero dei lavoratori e/o la riduzione del reddito dei lavoratori ha un impatto sui consumi, e, in modo particolare sulle entrate dello stato. La riduzione del ruolo del lavoro può far scomparire la forma stato sotto il punto di vista tributario.
I detentori di capitale finanziario sono privi di interesse nei confronti dello stato. Essi possono operare attraverso ordinamenti giuridici privatistici aventi la capacità di essere effettivi nella difesa degli interessi individuali e collettivi. L’esistenza dello Stato ha senso in relazione ad una popolazione in grado di partecipare, anche attraverso il lavoro, della dinamica politica-economica sociale. Il potenziamento delle condizioni di lavoro può comportare una riscoperta del ruolo dello stato e dei beni pubblici nell’Europa dell’industria 4.0 e della globalizzazione.

La Banca Centrale Europea può esercitare una “Moral suasion” nei confronti dei governi per consentire al lavoro di svolgere un ruolo attivo nel processo di accumulazione del capitale anche attraverso le forme di tutela del risparmio inteso come bene pubblico. 

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