« La globalizzazione, come molti hanno notato di recente, è in ritirata. Nonostante
tutti i suoi vantaggi innegabili, ha generato problemi di governance e di
gestione che hanno rivelato l’inadeguatezza dei governi nazionali e delle
istituzioni internazionali. Ciò ha fatto si che le persone, ovunque nel mondo,
sia ricche che povere, debbano affrontare i problemi – dal fallimento degli
Stati a quello delle banche, dallo sfruttamento alla sotto-occupazione, dai
cambiamenti climatici alla stagnazione economica – a cui la globalizzazione ha
contribuito ma che non riesce ad affrontare efficacemente. Istituzioni fragili
hanno dato luogo a ripercussioni politiche e al pericolo di disastri su molti
fronti. […]Nessuno è disposto a perdere i vantaggi di un’economia globale, , ma
tutte le grandi potenze stanno cominciando a riflettere su come proteggersi dai
suoi rischi, militari e non. […]Eppure l’interdipendenza è innegabile. […]Con
la frammentazione che minaccia di sostituire la globalizzazione, l’urgenza ora
è quella di condividere i concetti, le intuizioni, e le buone pratiche che
possano mettere insieme le persone e scongiurare i pericoli.» (Martina Larkin, Riavviare la globalizzazione, Il Sole 24 ore)
Nell’articolo considerato si mettono in evidenza i rischi del rallentamento
della globalizzazione. Si paventa il rischio di una sorta di ritirata della
globalizzazione. E’ noto che l’economia è una scienza triste e che tra le sue
scuole di pensiero maggiori vi è la scuola degli economisti cassandrini, sempre
verdi e pieni di risorse. Tuttavia al netto delle considerazioni circa la
sensibilità dinanzi a fenomeni di crisi occorre considerare il fenomeno della
globalizzazione nella sua complessità. La globalizzazione è un fenomeno fondato
sul centralismo delle imprese sui governi, sullo shortermismo contrapposto alla
programmazione di lungo periodo, sulla frammentazione piuttosto che sull’integrazione,
sulla scienza come meccanismo di prova inferenziale e falsificazione. Ovvero la
globalizzazione viene proprio da quel postmoderno del quale si mettono in evidenza
in modo alterno i vantaggi e gli svantaggi. Per quando la modernità liquida
possa avere scardinato molti dei sistemi economici,delle convinzioni politiche
e delle sicurezze personali, anche in senso amoroso-sentimentale, è pur vero
che è essa stessa il motore della globalizzazione, la sua intima essenza. La
globalizzazione è un fenomeno di lungo periodo sotto il profilo storico. Esso
attraversa non solo i territori, ma anche le culture, le civiltà, le lingue, le
narrazioni stesse di un popolo, di una nazione, di un gruppo etnico. Tensioni
che hanno trovato nella modernità liquida la possibilità di manifestarsi in
modo compiuto. Pertanto anche se l’occidente vive una sua crisi la globalizzazione
continua va avanti. Lo sviluppo dell’Africa, insieme con il Far East sono
elementi che fanno comprendere come la crescita delle connessioni, del prodotto
interno lordo globale, del reddito procapite e del reddito disponibile alla
popolazione sono in continua diffusione. Così come anche le idee. Tuttavia è
chiaro che se si vuole affrontare la questione della globalizzazione dal lato
dello Stato si vedrà che lo Stato è in crisi. Tuttavia lo Stato come lo abbiamo
conosciuto in Europa dal 1648 ad oggi, ovvero lo stato-nazione, è una rarità
nella storia degli Stati. La gran parte degli Stati che hanno prodotto
civilizzazione sono stati multietnici. E del resto l’Unione Europea da un lato
e gli Stati uniti dall’altro sono esempi di stati multietnici; l’Unione Europea
per costituzione, gli Stati Uniti grazie all’immigrazione. Fanno eccezione in
questo senso gli stati del Far East che sembrano avere una maggiore uniformità
culturale al proprio interno. Tuttavia nessuno Stato da solo può governare la
globalizzazione. Gli Stati, se permangono in una condizione di efficienza
amministrativa, possono partecipare alla globalizzazione e creare le
opportunità per lo sviluppo delle interazioni tra le organizzazioni produttive.
Tuttavia la globalizzazione riguarda più il
privato, il comune e il civile che il pubblico. Il privato, il comune e
il civile partecipano della
realizzazione di una nuova fase degli enti pubblici con orientamento anche
meta-statale.
La globalizzazione quindi è in ritirata ?
Sembra proprio di no. Al massimo sono in ritirata quegli ordinamenti inefficienti e arretrati rispetto alle sfide della globalizzazione.
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