« È
tempo di dare un freno alla garrula euforia che sembra essersi diffusa nel
Paese - non da parte del premier - dopo il «40%» conquistato da Matteo Renzi
alle elezioni europee. […] Non sovvertono certamente il dato di una caduta di
produzione in Italia del 25% dal 2000 ad oggi contro un incremento del 36% nel
resto del mondo. […]I dati sulla
produzione industriale di maggio parlano di un modestissimo +0,2% mese su mese.[…]Per
non parlare dell'andamento dell'occupazione, che ha registrato ad aprile la
perdita di altri 68mila posti di lavoro. […]L'andamento del prodotto è poco più
che piatto e l'obiettivo pur modesto del +0,8% a fine anno fissato dal governo
è già irrealistico.[…] Soprattutto se ci aggiungi una pressione fiscale sulle
imprese che è del 50% superiore alla media europea, come ha denunciato ancora
ieri la Corte dei conti, un costo del lavoro che continua a crescere del tutto
slegato dalla produttività, un settore sommerso dell'economia che viaggia al
21%. Eppoi il nodo della legalità, che diventa sempre più un allarme nazionale.
»( La dura realtà e il lavoro tutto da fare diFabrizio Forquet, Il sole 24 ore,05 giugno 2014)
Nell’articolo si mettono in
evidenza molti problemi del paese. Tuttavia vi sono alcuni punti sui quali il
Governo può intervenire come per esempio le tasse, il cuneo fiscale e la
legalità. Altre questioni come per esempio la riduzione della produzione
industriale e l’andamento del prodotto interno lordo sono variabili nella
disponibilità del sistema industriale
più che del sistema politico. Il governo
dell’economia infatti si manifesta come una variabile complessa costituita da
interventi governativi ed interventi realizzati da gruppi e forze industriali.
Se infatti le tasse possono
essere ridotte dal Governo, insieme con il cuneo fiscale sul lavoro e se il
Governo può spronare ad un maggiore controllo di legalità nello stesso tempo
sono le imprese che devono investire di più e cercare di realizzare maggiori
attività produttive di valore aggiunto.
Il disimpegno da parte delle
imprese verso la produzione nazionale, realizzato sia con la scelta della
delocalizzazione che con la scelta della finanziarizzazione dei profitti delle
imprese, insieme con la ricerca di assetti proprietari volti al potenziamento
finanziario più che industriale hanno ridotto la capacità competitiva del
capitalismo italiano.
La scarsa cultura economica d’impresa
e la tendenza da parte delle imprese ad essere assistite sotto il punto di
vista finanziario sia dai finanziamenti pubblici che da relazioni di favore con
gli istituti di credito hanno ridotto la capacità competitiva delle imprese
italiane.
Il difficile passaggio della
crisi si è manifestato anche in corrispondenza di una fase di passaggio delle
imprese familiari a generazioni più giovani. Un passaggio di per sé difficile,
reso più complicato dalla congiuntura economica.
La difficoltà di resistere all’invasione
di capitali stranieri in Italia ha complicato ancora la situazione delle
imprese italiane.
Inoltre la difficoltà a
esportare oltre l’area europea rende la situazione dell’industria italiana
difficile sotto il punto di vista internazionale.
Il Governo può agire con tasse,
spesa pubblica e regolamentazione per indirizzare una fase espansiva dell’economia.
Tuttavia sono sempre le imprese,i gruppi industriali a dover scegliere di
realizzare dei nuovi investimenti produttivi in Italia, di rilanciare la
produzione di valore aggiunto, di scegliere la via di una internazionalizzazione
oltre i confini dell’Unione Europea.
In questo senso puntare su progetti nuovi, su nuovi
brevetti, può essere fondamentale. Esiste un certo dinamismo con riferimento al
fenomeno delle start up, della partecipazione diffusa alla produzione. Tuttavia
si tratta molto spesso di iniziative discontinue. Gli imprenditori operanti nel
settore industriale-manifatturiero potrebbero cercare di selezionare meglio
questi progetti per incrementare il livello di innovazione delle proprie
industria, di fatto esternalizzando una fase di ricerca e sviluppo e premiando
quelle innovazioni in grado di innestarsi meglio con la struttura organizzativa
aziendale.
Gli economisti neoclassici dicono che l’impresa è un
fascio di contratti. Per realizzare contratti servono relazioni. Le relazioni
si fondano sulla fiducia. E in questo senso il sistema industriale può fare
molto per migliorare la capacità di concludere contratti e di introdurre nuove
risorse nella produzione.
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