sabato 29 marzo 2014

Il "tetto" alle remunerazioni dei dirigenti Pa: una legge dello Stato o un'etica pubblica ?


La crisi economica perdurante dal 2007 ha messo in evidenza molti dei limiti dell’economia pubblica e privata italiana.  L’austerità è stata la soluzione proposta a livello europeo per combattere la crisi. Tuttavia l’austerità è stata intesa in modi differenti tra i diversi paesi europei. La Germania è infatti riuscita a fare in modo che l’austerità si traducesse anche in politiche economiche favorevoli alla inclusione sociale e alla riduzione del tasso di disoccupazione attraverso la crescita del sistema industriale nazionale. L’Italia ha invece dato origine ad un sistema basato su incremento della pressione fiscale, riduzione delle spesa pubblica e allontanamento delle imprese dal sistema creditizio. L’austerità italiana è stata vissuta come una sorta di colpa da espiare, come se gli italiani ad un certo punto avessero dovuto pagare per tutte le inefficienze “commesse” negli anni passati, come se cioè la crisi economica e finanziaria fosse stata prodotta in Italia piuttosto che importata dagli Stati Uniti. L’Italia sarà certo un paese con mille problemi. Tuttavia non è stata certo l’economia italiana a produrre la crisi economica. L’Italia non avrebbe potuto produrre la crisi finanziaria soprattutto perché la grandezza del suo mercato finanziario non è tale da avere un impatto globale tale da produrre una recessione così grave come quella della “ Great Financial Crisis”. Ne deriva che l’economia italiana è stata trascinata nella crisi. L’austerità in un primo momento è stata intesa come “punizione” per le inefficienze italiane e come “espiazione” delle colpe di una economia “malata”.  L’applicazione di questa definizione di austerità ha avuto degli effetti ancora più recessivi sull’economia italiana. La definizione di austerità ha assunto anche un significato culturale e morale per molti versi estraneo alla cultura italiana e pertanto quasi incomprensibile per gli italiani. Tuttavia l’instaurarsi del Governo Renzi sembra aver modificato il significato del termine austerità. Il campo semantico dell’austerità sembra quindi essere orientato dalla “colpevolizzazione” di una economia considerata parte dei “Pigs”, vocabolo anglosassone che in italiano significa “porci”, ad una nuova definizione più vicina al concetto di solidarietà sociale e al concetto di etica nel management pubblico. Laddove per solidarietà è necessario prendere in considerazione una prassi che induce coloro i quali vivono condizioni economiche favorevoli ad aiutare coloro che vivono una condizione di difficoltà, di povertà di emarginazione anche attribuendo allo Stato il ruolo di riequilibrare gli squilibri attraverso il sistema tributario informato ai criteri di giustizia. Per etica pubblica, ed in particolare per etica del management pubblico, dobbiamo intendere la capacità da parte dei soggetti che a vario titolo svolgono funzioni di amministrazione dello Stato, di partecipare della condizione economica e sociale nella quale vive quel “popolo sovrano” che è l’unico detentore della sovranità. In questo senso è necessari cogliere con favore “Il tetto ai compensi delle società controllate non quotate […] operativo a 27 mesi dal decreto Salva Italia che l’aveva introdotto” (F. Forquet, Contro i privilegi, senzademagogia, Il sole 24 ore, 29/03/2014). La riduzione del costo dell’amministrazione realizzato attraverso le scelte di politica economica e amministrativa del Governo ha maggiore senso soprattutto se si inserisce in un contesto di condivisione con le associazioni di categoria relative alla funzione pubblica, ai manager pubblici. Sarebbe infatti molto più significativo se i soggetti che operano nel “management pubblico” italiano condividessero anche sotto il punto di vista etico-morale le determinazioni del Governo Italiano. Sarebbe significativo in questo senso una determinazione di una sorta di “manifesto etico dei dirigenti della PA”, una sorta di giuramento di Ippocrate per i dirigenti della PA italiana. Il “manifesto” dovrebbe rinsaldare gli obbiettivi perseguiti dai funzionari pubblici sottolineando il loro essere “ al servizio” della comunità, della popolazione, dei singoli, specie quando versano in condizioni di necessità e bisogno.  

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