lunedì 24 novembre 2014

Le politiche economiche industriali della commissione Junker




In un articolo pubblicato  sul sito del Il sole 24 ore si fa riferimento al piano realizzato da Junker per favorire gli investimenti  nelle politiche economiche industriali. Tuttavia appare difficile che questo piano da 300 miliardi di euro possa essere in grado di offrire una protezione al fenomeno della globalizzazione che porta le imprese ad andare all’estero, comprese le imprese tedesche.
Se per industria infatti immaginiamo il sistema economico fordista –taylorista, la produzione in serie, l’azienda che occupa decine di migliaia o anche centinaia di migliaia di dipendenti allora dobbiamo dire con grande probabilità che questo investimento sarà fallimentare.
I costi di impianto, i costi dei materiali, i costi del trasporto della materie prime, i costi dell’energia, i costi del lavoro, il costo del fisco sono troppo elevati per consentire all’Europa di ospitare un sistema industriale pesante. E questo è anche dimostrato dalla naturale tendenza dell’economia europea a sostituire il settore dei servizi con il settore dell’industria. E’ chiaro tuttavia che non è possibile generalizzare.  Vi sono anche in Europa alcune aree nelle quali i costi per la realizzazione di una struttura industriale sono bassi, ovvero nei paesi dell’Est.
Tuttavia è difficile dire per quanto tempo questi paesi permarranno in una condizione di convenienza relativa rispetto alla possibilità di investire in industria. E’ probabile infatti che con l’introduzione dell’euro e con il processo di integrazione europea i costi aumentino anche in questi paesi provocando  una condizione di inefficienza dell’investimento pubblico.
Non è quindi tanto una questione di  entità dell’investimento pubblico quanto piuttosto una questione di efficienza dell’investimento. Investire nell’industria significa esporsi al rischio di bassa efficienza dell’investimento, a meno che una politica economica monetaria di svalutazione dell’Euro non accompagni il processo di investimento industriale. Tuttavia sembra difficile che l’indirizzo storico della Banca Centrale Europea possa cambiare in una contesto dove pure il moderato obbiettivo dell’inflazione al 2-3% sembra impossibile da raggiungere.
Vi è inoltre una altra importante questione da considerare con riferimento all’investimento pubblico nel sistema industriale ed è quella relativa alla sostenibilità del sistema industriale. In un periodo nel quale si fa riferimento alla necessità di ridurre la capacità inquinante del sistema industriale, realizzare un sistema industriale in una Europa già provata dall’industrialismo potrebbe ridurre la capacità di benessere dei cittadini europei a causa dell’inquinamento.
E’ necessario allora considerare che in una Europa che vuole conservare una moneta sostenuta l’unica politica industriale possibile è quella che favorisce le piccole imprese, i network tra piccole imprese, e la costruzione di filiere corte. Tra le piccole imprese possono rientrare anche quelle imprese che realizzano attività di progettazione in campi ad alta tecnologia che poi possono essere realizzati in paesi dove i costi di realizzazione sono più bassi.  Ecco il nuovo sistema industriale europeo. Una sorta di grande centro di ricerca, di progettazione, di realizzazione di piccole e medie attività economiche capaci di essere nello stesso tempo compatibili con la struttura dei costi del mercato e  con le esigenze di rispetto dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori e delle persone. Con una capacità di generare reddito elevatissima.
Quanto vale infatti un brevetto che si trasforma in prodotto meccanico, informatico, o in servizio standardizzabile ? Può valere anche diversi milioni di euro se la piccola e media impresa procede con la realizzazione delle componenti fisiche nei paesi dove è più conveniente produrre.
Le piccole e medie imprese artigiane, a forte contenuto intellettuale, ad alto valore di capitale umano possono così esercitare una funzione egemonica e movimentare sia il capitale umano, che migliaia di lavoratori  anche all’estero, oltre che milioni di consumatori nel mercato globale.
Tuttavia è necessario che in questo senso l’unione europea costruisca dei ponti e delle relazioni commerciali in grado di sostenere questa capacità produttiva globale che può giovare alla crescita dell’economia europea e allo sviluppo economico globale.
La politica industriale è in realtà una parte della politica economica fiscale. Essa deve  coordinarsi con la politica economica monetaria.
Una politica degli investimenti nel sistema industriale pesante deve essere accompagnata da una svalutazione monetaria e da una crescita dell’inflazione moderata. Poiché La globalizzazione ha portato con sé una diversificazione dei costi di produzione. Combattere contro una struttura dei costi così mutata è una operazione titanica, possibile solo in presenza di una svalutazione continuativa dell’euro.
Se invece al contrario l’Ue investe sull’industria  in assenza di una politica economica monetaria della svalutazione allora sarebbe meglio per l’Ue cambiare progetto di politica industriale e rivolgersi alle piccole e medie imprese capaci di innovare e progettare. 


Dati World Bank http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG

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