giovedì 3 luglio 2014

Banche centrali globali


«Negli ultimi tempi la Federal Reserve sembra soddisfatta della sua politica monetaria, anche se a partire dalla metà del 2007 non è stata in realtà sufficientemente espansionistica. Il tipo di strategia che ad oggi avrebbe senza dubbio successo è una politica simile a quella implementata dalla Fed nel 1979 e nel 1933, dalla Gran Bretagna nel 1931 e attualmente da Shinzo Abe.
[…] la Fed non è solo la banca centrale statunitense, bensì la banca centrale del mondo.
[…]Un paese che modifica la sua politica monetaria rispetto agli Stati Uniti, modifica anche il suo tasso di cambio in modo consistente e, nel mondo globalizzato di oggi, ciò comporta il rischio di complicanze nel settore delle importazioni ed esportazioni.
[…] Gli Stati Uniti non sono quindi solo un’economia in un mondo fatto di economie diverse che seguono le proprie politiche monetarie ed un regime di tasso di cambio flessibile, ma esercitano in realtà un’egemonia globale.
[…] Spostando il target dell’inflazione annuale del regime monetario al 4%, oppure al 6% della crescita del PIL nominale su base annua, gli Stati Uniti metterebbero in moto un rapido processo di riequilibrio all’interno dell’eurozona.
[…] Gli interessi politici, di sicurezza e, certo, anche economici di medio e lungo termine dell’America richiedono che la Fed riconosca che la sua missione politica non si limita al raggiungimento ed al mantenimento dell’equilibrio interno, ma implica anche svolgere il suo ruolo di banca centrale del mondo, bilanciando la domanda aggregata e l’offerta potenziale per l’economia globale come un’unica entità. »

In questo articolo si mette in evidenza la capacità della Banca Centrale Statunitense di influenzare direttamente a mezzo della sua politica economica l’intera “economia mondo”.
Si tratta di una possibilità che in effetti va riconosciuta alla Banche Centrale statunitense anche se in una situazione di cambiamento della importanza relativa della FED  indotta dalla modificazione della condizione strutturale dell’economia globale.
Se guardiamo al livello di produzione del prodotto interno lordo nazionale degli Stati Uniti come percentuale della produzione mondiale possiamo dal 1999 al 2013 si verifica una riduzione significativa della partecipazione del PIL mondiale dal 30,2% al 22%.
Nello stesso periodo anche l’UE ha ridotto la partecipazione al PIL mondiale dal 28% del 1999 al 23% del 2013.
La Cina ha incrementato la partecipazione al PIL mondiale dal 3 % al 12,3 %.
Nel 2013 di ogni dollaro prodotto nell’economia mondiale 22 centesimi li hanno prodotti gli USA, 23 centesimi li ha prodotti l’UE e 12,3 centesimi sono stati prodotti dalla Cina.

Dato World Bank http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.CD

Dati World Bank http://data.worldbank.org/indicator/FM.LBL.MQMY.ZG





Fatto pari a 1 dollaro la quantità di moneta emessa nell’economia mondo si verifica che 16 centesimi sono stati emessi dagli USA, 29 centesimi sono stati emessi dall’EU, 17 sono stati emessi dalla Cina nel 2012.
               
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
United States
20,3
19,1
18,9
18,7
18,1
5,6
17,4
15,9
15,2
15,5
European Union
33,9
35,8
36,4
36,9
39,2
1,2
35,8
33,3
31,7
28,8
China
6,3
6,4
6,9
7,9
8,3
3,1
11,9
13,5
14,8
16,9

L’importanza relativa delle economie globali va quindi considerata sulla base della produzione  e della emissione della moneta da parte delle banche centrali.
A causa della maggiore integrazione delle economie nella globalizzazione si verifica una maggiore importanza dell’area europea, intesa nel suo complesso ovvero costituita sia dai paesi con euro che dai paesi senza euro, e dalla maggiore presenza dell’economia cinese.
In questo contesto è necessario considerare la necessità di maggiore interconnessione delle politiche economiche dei vari paesi. In modo particolare possiamo verificare che maggiore è l’interconnessione delle economie maggiore la necessità di realizzare un coordinamento delle politiche economiche monetarie delle banche centrali.
Forse sarebbe anche possibile immaginare una nuova costruzione di istituzioni globali in grado di incrementare la convergenza verso le economie più virtuose nell’armonizzazione delle politiche economiche monetarie.
Rimane aperta la questione dei mercati finanziari e degli hedge funds operativi nell’economia della globalizzazione ed in grado di modificare la struttura degli investimenti e la volatilità dei mercati finanziari.
Un maggiore coordinamento nella costruzione di istituzioni in grado di realizzare una politica economica unitaria.
Se infatti l’economia globale è una unità è anche vero che questa unità è differenziata e governata da diverse istituzioni.
All’unità della globalizzazione si accompagna l’eterogeneità delle istituzioni operanti nella globalizzazione.




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