“Il
Paese sta lentamente uscendo dalla Grande Crisi, ma è appunto estenuato da una
transizione politica che non ha la certezza di concludersi con le prossime
elezioni.” (http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-02-16/la-passione-civile-fare-impresa-222755.shtml?uuid=AE7ome1D)
Le imprese guardano con interesse le
elezioni politiche. Esse chiedono degli interventi di politica economica e
industriale. Tuttavia i cambiamenti indotti dalla rivoluzione industria definita
4.0 impediscono di realizzare una qualche connessione positiva tra imprese,
impegnate a risolvere la questione della generazione del profitto mediante il
valore aggiunto, e politica, impegnata nell’attività di governo degli enti
pubblici e dei beni pubblici nell’interesse dei cittadini e dei gruppi organizzati
definiti a livello formale ed informale.
Tuttavia l’interesse che le imprese
hanno nei confronti della politica economica industriale risulta essere
sopravvalutato per una serie di motivazioni, alcune delle quali sono indicate
di seguito:
·
La
tempistica dell’innovazione
tecnologica necessaria per accedere ad una crescita del profitto come
manifestazione del valore aggiunto risulta avere una velocità elevata rispetto
alla politica economica anche industriale. Le imprese hanno la necessità di
sperimentare delle innovazioni, delle tecniche di produzione nuove, fondate su
ricerca e sviluppo e sulla tecnologia, ovvero sugli elementi in grado di
realizzare una crescita della capacità produttiva installata. L’attività di
novazione del processo industriale rivolto alla generazione di prodotti e
servizi è una componente essenziale della capacità imprenditoriale. Essa
pertanto deve esistere nell’interno delle imprese a prescindere dal
riconoscimento pubblico.
·
Privatizzazioni: una delle motivazioni che possono
spingere le imprese a richiedere un intervento dello Stato è il processo delle
privatizzazioni. Tuttavia le privatizzazioni rappresentano un intervento di
politica economica ed industriale che può essere considerato occasionale e
marginale rispetto alla necessità delle imprese di generare valore aggiunto nel
breve periodo. La strategia politica economica ed industriale deve avvenire per
il tramite di una collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore e deve
essere rivolta alla crescita del valore degli assets trattati, insieme con una
crescita del valore generato per la collettività.
·
Difficoltà di finanziare i progetti
innovativi: il
finanziamento dei progetti industriali, compresi i progetti di industria 4.0,
avviene mediante dei bandi. I bandi pubblici faticano a finanziare i progetti e
le start up meritevoli. Le imprese e le start up meritevoli possono hanno
necessità di trovare dei capitali finanziari in grado di cogliere gli elementi
di innovatività, di profittabilità e di originalità, e pertanto in genere fanno
riferimento a investitori privati, ovvero business angels, banche o
intermediari finanziari specializzati. Le start up finanziate dagli enti
pubblici hanno quindi un valore basso di innovazione, originalità e
profittabilità pure nella conservazione di una componente rilevante di
generazione del valore aggiunto. Pertanto viene a crearsi un paradosso ovvero
lo Stato attraverso l’utilizzo delle risorse economiche e finanziare pubbliche
vuole realizzare delle attività di finanziamento delle imprese meritevoli,
tuttavia le imprese meritevoli accedono a forme di finanziamento privato, e
pertanto lo stato finisce per finanziare delle imprese che hanno un contenuto
di innovazione tecnologica ridotto. Tuttavia
il finanziamento da parte dello stato delle imprese start up aventi un valore
basso di innovazione ha ancora un senso nel complesso delle attività di
promozione dell’impresa perseguita dallo stato per il benessere pubblico.
In particolare è necessario analizzare i principi della politica
economica ed industriale per verificare la capacità dello Stato di accompagnare
le imprese nella complessa attività di
innovazione, originalità e profittabilità. In effetti, se è vero che
weberianamente lo Stato e il mercato hanno realizzato un patto nell’interesse
della popolazione e delle classi dirigenti, è anche vero che nell’attuale
condizione postmoderna, lo Stato ha perso le caratteristiche dell’ente in grado
di essere sovrano e pertanto ha anche una capacità ridotta di promozionare le
attività delle imprese.
Stato ed imprese risultano sempre più divisi soprattutto alla
frontiera dell’innovazione tecnologica, laddove la velocità dei processi
impedisce la normazione ed il finanziamento. Del resto lo Stato, specie se con
questa definizione si vuole intendere lo Stato europeo moderno, è in crisi
nella difesa delle proprie prerogative tradizionali e necessita di un
rafforzamento anche per l’efficientamento della pubblica amministrazione. Il
fenomeno della corporation in grado di divenire Stato risulta pertanto una
conseguenza della debolezza dello Stato e della competitività delle imprese
spinte nella corsa alla innovazione tecnologica per incrementare i profitti ed
il potere nel mercato e nella vita dei consumatori e dell’opinione pubblica.
Occorre allora un modello endogeno, in grado di operare nell’interno
delle comunità, mediante un processo volto alla mobilitazione delle forze
economiche, professionali, finanziarie, tecnologiche ed anche valoriali per
vincere la sfida della competizione, che è anche una sfida tra territori, tra
comunità che diventano soggetti intermedi tra Stato e nazione e che
costituiscono anche una piattaforma di capitale per generare valore aggiunto.
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